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Settantotto sono i giorni di chiusura in cui i Pubblici Esercizi italiani hanno dovuto abbassare serrande, primi ad essere chiusi e ultimi ad essere ri-aperti, impediti a servire anche un solo cliente, mentre questo stesso cliente poteva stare in fila in un supermercato. Inoltre, gli stessi Esercizi sono stati sottoposti ad uno stillicidio di provvedimenti nazionali, regionali e, in alcuni casi, locali: chiusura alle 24, anzi no alle 23, ancora no alle 22
e poi alle 18 e, infine, chiusura totale, ma solo nelle zone rosse e arancioni. Infine, le Feste Natalizie, raggiunte in un’altalena di indiscrezioni, ripensamenti e devastante incertezza, con il nuovo blocco totale arrivato solo in prossimità del Natale.
La pandemia in corso ci presenta mese dopo mese un conto umano, sociale ed economico che sembra diventare esponenziale. FIPE stima che, alla fine di questo periodo, 50mila imprese chiuderanno, costrette – in molti casi – ad una procedura fallimentare dalle ben note conseguenze sulle loro famiglie, sulla rete dei loro fornitori, sui loro dipendenti e sulla reputazione degli stessi imprenditori.
Una nota canzone di Lucio Battisti – Con il nastro rosa, 1980 – ripeteva: “chissà che sarà di noi, lo scopriremo solo vivendo”. Se lo chiedono oggi anche i Pubblici Esercizi italiani, con l’incognita supplementare che sul mondo della somministrazione incombono nubi talmente nere, tra limitazioni di orario, coprifuoco, incertezza e insufficienza degli aiuti, da non renderne pacifica la stessa sopravvivenza. Tante imprese, tra bar, ristoranti, pub e discoteche, insomma, rischiano di non avere il tempo utile per vedere cosa sarà di loro, perché avranno chiuso i battenti.
Nella fase post-emergenziale da Covid-19, per il settore dei Pubblici Esercizi, quasi paradossalmente, sono esplose le problematiche collegate a due fenomeni opposti, eppure concomitanti: la movida e lo smart-working.
Il fenomeno della movida non è di certo nuovo, come non lo è purtroppo quello della “mala-movida”, ma ha trovato nella sofferente clausura imposta dal lungo lockdown un detonatore, che ha acceso in alcuni il desiderio di eccessi e ha alimentato
patologie sociali come la violenza, il vandalismo e il disordine.
Antonio Scurati, nel suo “Epitaffio per i bambini degli anni Quaranta” pubblicato recentemente sul Corriere della Sera, ha dedicato un commovente ricordo ai sopravvissuti alla guerra, nati nelle macerie, ragazzi della speranza e uomini della ricostruzione, in troppi tristemente deceduti a causa della pandemia globale. Una generazione che non aveva ammortizzatori sociali o reddito di cittadinanza, ma che ha costruito sul lavoro, sul sacrificio, sull’impegno personale, l’Italia moderna.
Cari amici imprenditori,
con l’inizio della cosiddetta “Fase-2”, mi sembra giusto indirizzare ai Pubblici Esercizi italiani questo nuovo messaggio: un messaggio che ricostruisce gli ulteriori passaggi associativi fatti finora, ma che vuole essere innanzitutto un piccolo gesto di vicinanza verso gli imprenditori del settore che rappresento e delle cui preoccupazioni mi sento professionalmente, sindacalmente e umanamente parte.
Pochi giorni fa i colleghi riuniti in un neonato Comitato Permanente mi hanno co-indirizzato un pubblico appello, nel quale elencavano i bisogni primari ed urgenti di cui il settore avrebbe bisogno e ho raccolto questa occasione per una riflessione
che riguarda anche la vita associativa.
A tutti i Pubblici Esercizi Italiani
Cari amici Imprenditori,
a distanza di qualche settimana Vi scrivo nuovamente. Stavolta lo faccio allargando la comunicazione anche ai colleghi riuniti in un neonato Comitato Permanente, che mi hanno co-indirizzato pochi giorni fa un pubblico appello, nel quale elencano i bisogni primari ed urgenti di cui il settore avrebbe bisogno. Raccolgo questa occasione per una riflessione ulteriore, che riguarda anche la vita associativa.
A tutti i Pubblici Esercizi Italiani
Cari amici imprenditori,
alla fine, purtroppo, si è materializzato quello che ritenevamo tra i peggiori scenari possibili: un provvedimento draconiano, di grande severità, che lascia però allo stesso tempo spazio ad incertezze ed iniquità. Gli ultimi provvedimenti del Governo hanno infatti imposto la chiusura delle attività commerciali, bar e ristoranti compresi, ma con eccezioni, alcune delle quali difficilmente comprensibili.