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Archiviata un’estate di belle soddisfazioni per il Turismo italiano, con risultati decisamente superiori alle più rosee previsioni, sul mondo sembra ritornata l’opprimente e minacciosa ombra ereditata dalla pandemia. Dalla guerra con minaccia nucleare ai costi dell’energia letteralmente fuori controllo, fino al pericoloso ritorno (stabile e pesante) dell’inflazione: i problemi sono oggi di tale complessità che richiederebbero una politica più attrezzata che mai per gestirli, in termini di competenze, capacità di governo e visione di lungo periodo.
Quella del 2022, magari risentendo dell’inquieta ‘aria elettorale’ o del caldo anomalo, in Italia è stata un’estate particolarmente polemica. Il cibo – l’argomento, con il calcio, più amato dagli italiani – non poteva così mancare nelle cronache estive, a partire dalla polemica esplosa su uno dei piatti iconici della nostra cultura alimentare: la pizza.
Il metro degli italiani sui prezzi dei consumi fuori-casa, ben prima degli indici statistici e delle considerazioni macroeconomiche, è da sempre simbolicamente uno: la tazzina di caffè, in queste settimane sottoposta a un inevitabile e diffuso aumento, giustificato non solo dagli incrementi delle miscele (le quotazioni borsistiche del prodotto crudo arabica e robusta hanno raggiunto livelli record, vicini al raddoppio), ma anche dai maggiorati costi per servizi o affitti.
La ‘nuova normalità’, che si sta costruendo intorno alla convivenza con nuove crisi che non lasciano spazio alla tranquillità, vede tornare al pettine vecchi problemi irrisolti del settore, che, se ‘prima’ erano importanti, oggi si rivelano urgenti.
Il Punto del Presidente Lino Enrico Stoppani
In questo periodo “Cercasi Personale” è diventato il cartello più esposto tra le vetrine di bar e ristoranti, sostituendo gli avvisi relativi alle prescrizioni sanitarie per l’accesso ai locali che per lunghi mesi hanno tappezzato ingressi e interni dei Pubblici Esercizi italiani.
Li chiamano bias cognitivi: sono quelle distorsioni della percezione che il cervello umano comunemente produce quando analizza il mondo che lo circonda, a tutti gli effetti delle ‘scorciatoie’ mentali che semplificano notevolmente la vita umana, derivate dal bisogno primordiale dei nostri antenati di prendere decisioni veloci con scarsità di informazioni.
Scriveva Alessandro Manzoni: “Non sempre ciò che viene dopo è progresso.” Ed effettivamente il dubbio si pone anche oggi, avvicinandoci all’uscita da questi due anni di pandemia, che hanno lasciato in eredità dolorose perdite umane, un diffuso disorientamento e consistenti danni nell’economia e nella società. “Dopo cosa potrà succedere ancora?” è dubbio legittimo, nel desiderio diffuso di scendere dalle montagne russe dell’attualità.
Viviamo in un’epoca di grandi contraddizioni sociali, economiche e politiche. Così, in un momento in cui molti settori, compreso il nostro, sono in estreme difficoltà nel reperire forza lavoro, i tassi di disoccupazione mantengono livelli record. Negli Stati Uniti l’hanno chiamata Great Resignation: nel 2021 è infatti aumentato in misura significativa il numero dei dipendenti che hanno dato volontariamente le dimissioni e l’ultimo rapporto del Censis, conferma che anche l’Italia è stata contagiata da questo fenomeno. Le dimissioni volontarie sono aumentate del 37%, avvicinandosi al mezzo milione di unità e quattro italiani su cinque dichiarano di non sentirsi valorizzati sul lavoro.
Il 2021 si e concluso con l’Economist che ha decretato l’Italia “Miglior Paese del 2021”, che corona un anno di insperate soddisfazioni, dal 6% di crescita del PIL all’efficacia del piano di vaccinazioni, dai successi sportivi al Premio Nobel per la Fisica a Giorgio Parisi, dalla musica con i Maneskin alla recuperata credibilità politica, con un Governo finalmente capace di prendere decisioni e di dare concretezza al PNRR, pur tra tante criticità che necessitano di ben altre tempistiche rispetto ai 10 mesi finora concessi al Premier Draghi, autentico moltiplicatore di qualità.
In queste settimane di cortei e proteste No Green Pass mi è tornato in mente quello che diceva un manager straordinario che personalmente ho sempre ammirato molto (non foss’altro perché mio coscritto). Mi riferisco a Sergio Marchionne, indimenticabile leader che ha rilanciato la Fiat da azienda quasi decotta a big player del maturo settore automobilistico con fusioni ed operazioni di grande coraggio e visione, dando stabilità e prospettive ad un pezzo di storia industriale del nostro Paese.