FIPE AL PARLAMENTO: “GLI HOME RESTAURANT SONO UNA DISTORSIONE DEL MERCATO. SENZA CONTROLLI A RISCHIO IGIENE E SALUTE”

19 Gennaio 2016

• La Federazione Italiana Pubblici Esercizi chiede alle istituzioni una decisa azione nei confronti di attività condotte al di fuori di ogni regola e, in particolare, verso i canali web che le promuovono e beneficiano delle relative commissioni
• Secondo le stime della Fipe, gli home restaurant generano un’evasione fiscale e contributiva pressoché totale
• Il dato: il 60% delle intossicazioni alimentari proviene dall’ambito domestico, mancano controlli anche sulla sicurezza e la provenienza degli alimenti preparati

Home restaurant, è tempo di chiarezza. Lo chiede la Fipe con l’odierna audizione alla Camera dei Deputati in cui la Federazione ha sottolineato l’urgente necessità di prevedere azioni a contrasto di attività che mettono a rischio la sicurezza dei consumatori e operano senza sottostare ad alcuna regola fiscale e contributiva. Ospitare persone a casa propria per pranzi, cene o aperitivi dietro pagamento di un corrispettivo specifico è infatti una vera e propria azione imprenditoriale che deve rispettare una severa regolamentazione, alla stregua di qualsiasi altro ristorante.
“Fipe già da qualche anno ha segnalato le forti perplessità che le attività di home restaurant stanno generando all’interno del settore della somministrazione di alimenti e bevande – ha dichiarato stamani il Direttore Generale della Fipe, Marcello Fiore -. La crescente diffusione degli home restaurant su tutto il territorio nazionale, a seguito della crisi e attraverso il contributo di canali on line e social network, se non contrastata immediatamente, rischia di costituire un canale parallelo di offerta organizzato, ma non controllato da molteplici punti di vista. Questa attività, così come esercitata oggi, è posta in essere al di fuori di ogni regola e quindi deve essere contrastata con decisione dalle autorità competenti. Alla luce di queste considerazioni, come Fipe sollecitiamo il Governo ad adottare misure che impediscano questo attentato alla salute pubblica e mettano freno ad una evasione fiscale e contributiva pressoché totale”.
Entrando nel dettaglio delle richieste enunciate in audizione, la Fipe chiede di incrementare l’impegno normativo messo parzialmente in atto dal Ministero dello Sviluppo Economico con la risoluzione n. 50481 in base alla quale gli home restaurant sono considerate attività imprenditoriali a pieno titolo. Le istituzioni infatti non hanno ancora tenuto conto di una serie di disposizioni il cui rispetto è fondamentale per un’attività di pubblico esercizio, in particolare per quanto riguarda profili di sicurezza e ordine pubblico.

La Fipe evidenzia in particolare che, in mancanza di controlli preventivi e di idoneità, l’home restaurant è da considerarsi un luogo a rischio per il cliente, che paga un corrispettivo anche cospicuo per fruire di un servizio privo di qualsiasi garanzia. La Federazione ricorda infatti che, in base ai dati dell’Istituto Superiore di Sanità, la maggior parte delle tossinfezioni alimentari denunciate in Italia deriva dall’ambito domestico, con picchi del 70% in riferimento a preparazioni di conserve casalinghe. A questo si aggiunge inoltre la mancanza di una regolamentazione specifica sulla somministrazione e il consumo di bevande alcoliche e il divieto di fumo. Dati confermati a più riprese da controlli dei NAS che hanno portato a pesanti sanzioni per home restaurant, in particolare in Abruzzo e Piemonte.

A fianco delle tematiche di sicurezza, emergono inoltre forti preoccupazioni da parte della Fipe dal punto di vista contributivo e fiscale, sia per quanto riguarda la posizione previdenziale degli operatori coinvolti, sia per la mancata certificazione dei corrispettivi con scontrini o ricevute fiscali. Azioni che nel complesso generano una totale evasione fiscale e contributiva, danneggiando peraltro i consumatori che spesso si trovano a pagare corrispettivi anche più elevati dei ristoranti tradizionali.

In conclusione, Fipe riassume nello specifico i requisiti indispensabili ad un’attività di ristorazione di cui gli attuali home restaurant difettano totalmente:

• Requisiti per l’apertura di un locale: autorizzazione/SCIA alla somministrazione; comunicazione alla Questura in caso di circoli privati; requisiti di sorvegliabilità; requisiti professionali e morali

• Requisiti igienico-sanitari: comunicazione ASL; piano HACCP e formazione igienico-sanitaria degli operatori; tracciabilità e rintracciabilità degli alimenti; divieto di fumo

• Diffusione di musica e immagini: abbonamento speciale Rai per tv o musica; versamenti diritti di autore e connessi SIAE e SCF

• Disposizioni fiscali e del lavoro: iscrizione CCIAA; licenza UTIF per prodotti alcolici; iscrizione INPS del titolare; regolarizzazione dei lavoratori

• Disposizioni urbanistiche e tecniche: disposizioni destinazione uso edifici; conformità degli impianti elettrici; impianti specifici per la conservazione degli alimenti; cucine a norma e idoneità sanitaria delle attrezzature; tabelle alcolemiche ed etilometro a disposizione

Approfondimento – Le tossinfezioni alimentari in Italia: lo scenario aggiornato

Negli ultimi anni gli episodi di tossinfezioni alimentari, cioè di malattie legate al consumo di alimenti contaminati da microbi, si sono moltiplicati eppure la disponibilità di studi di carattere epidemiologico sull’argomento è largamente insufficiente e quasi mai aggiornata. Tuttavia sono diverse decine di migliaia le tossinfezioni registrate ufficialmente nel nostro Paese (non meno di 30-40 mila all’anno) e si stima che siano dieci volte tanto i casi non denunciati alle autorità sanitarie.
Alcune regioni hanno contabilizzato numero e origine delle tossinfezioni alimentari mettendo in evidenza la centralità, ovviamente in termini negativi, dell’ambiente domestico come si può vedere dai grafici sottostanti. Nel Lazio le tossinfezioni alimentari hanno avuto origine, lungo un arco temporale di ben 7 anni, per il 60% circa in ambito domestico. Le cose sono andate addirittura peggio in Emilia Romagna dove si è sfiorato quota 70%.
Risultati concordanti emergono dalle analisi effettuate dalle istituzioni sanitarie di Regione Lombardia. Lo stesso Istituto Superiore di Sanità in un report dedicato all’argomento scrive: “A grandi linee e limitatamente ai dati disponibili (…) si può dire che i focolai epidemici correlati all’ambito domestico vanno dal 55% al 75% circa di quelli notificati …” .

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Nello stesso rapporto l’Istituto Superiore di Sanità mette in guardia sulle responsabilità dell’ambiente domestico nella diffusione dei casi di botulismo. Il 71,4% dei casi di botulismo registrati nel periodo 1984-2004 sono dovuti al consumo di conserve casalinghe.

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I dati mostrano in modo inequivocabile la pericolosità degli ambienti domestici nella diffusione delle tossinfezioni alimentari individuando nelle seguenti tre cause la responsabilità principale di tale fenomenologia:
1. Conservazione degli alimenti a temperatura sbagliata (fenomeno accentuato anche dalla consuetudine a fare acquisti non giornalieri di derrate alimentari)
2. Consumo di cibo crudo o cotto in modo insufficiente per mancanza di competenze e strumentazione
3. Tempo eccessivo tra preparazione e consumo (preparazione anticipata delle pietanze con riscaldamento successivo)

Roma, 19 gennaio 2016

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