Mixer lug./ago. 23 – “La nobiltà del lavoro”

18 Luglio 2023

Nel 1901 è stato istituito in Italia l’Ordine al “Merito del Lavoro”, che ha l’obiettivo di certificare la “nobiltà” degli imprenditori, con l’assegnazione ogni anno, a soli 25 soggetti, dell’onorificenza di Cavaliere del Lavoro.

Personalmente ho sempre seguito con attenzione e ammirazione questo riconoscimento, e le storie che fa emergere, non solo perché familiarmente e sindacalmente interessato, ma soprattutto perchè queste storie sono esempi trascinanti per i grandi meriti imprenditoriali che il Cavalierato premia.

Dietro queste grandi storie di successo, tuttavia, non c’e la fortuna come qualcuno a volte sbrigativamente inquadra il percorso di questi valorosi imprenditori, ma un condensato di valori -professionali, morali e umani- sui quali sono stati costruiti progetti d’impresa diventati modelli di eccellenza, che onorano il Paese, producono e distribuiscono ricchezza e benessere, diventano esempi virtuosi per tutti per le capacità, la dedizione, l’impegno e l’ambizione che li valorizza.

Nelle loro testimonianze, anziché celebrare orgogliosamente i loro risultati, richiamano piuttosto i capisaldi sui quali hanno costruito la loro storia imprenditoriale: la famiglia che li ha educati al senso del dovere e al costante impegno, gli edificanti insegnamenti dei sacrifici e delle fatiche dei loro inizi, il ruolo formativo della scuola e della volontà, con la curiosità, di voler sempre imparare, i tanti maestri di vita e di lavoro dai quali hanno soprattutto ereditato le virtù, verso i quali rivolgono la loro riconoscenza.

Il prestigioso riconoscimento diventa per loro motivo di inserimento in un prestigioso Albo d’onore, ma anche l’occasione di condividere un successo, non per raccogliere elogi, ma per seminare passioni, motivazioni e ambizioni, anche giusto agonismo imprenditoriale, sui quali far germogliare i talenti di cui ogni persona e dotata.

Le carriere degli insigniti dell’onorificenza sono tra loro molto diverse e, a volte, magari iniziate con qualche vantaggio competitivo collegato al posizionamento sociale della famiglia, ma vi e sempre un unico comun denominatore: il lavoro.

Se tutto questo resiste da oltre un secolo, e ancora con un certo fascino, fa però particolarmente impressione parlarne oggi, in un momento storico in cui “il lavoro” – quando c’e- e diventato per molti non un’opportunità, ma “un problema” nella propria vita, da considerare con quella disaffezione che ha prodotto recentemente il fenomeno delle grandi dimissioni” tra le nuove generazioni.

Qualcuno ha parlato di intossicazione da lavoro”, maturata dagli italiani nel periodo del boom economico, e che oggi suscita tanta diffidenza e reticenza tra i ragazzi nei confronti dell’impegno quotidiano che un’occupazione stabile comporta.

Nel frattempo, oggi in Italia un’azienda su due non trova i profili che servono, mentre il Paese occupa il 3° posto in Europa per la disoccupazione giovanile, ha il primato (con la Romania) dei NEET -Not in Education, Employment or Training-, e un tasso di dispersione scolastica esplicita del 12%, che diventa del 30% considerando gli studenti che arrivano al diploma senza le conoscenze minime del loro piano di studi.

E’ evidente che non basta costruire modelli di lavoro con migliore equilibri di vita, ma è necessario rivedere il senso del lavoro dentro la propria vita, perchè ci “si intossica” per forza di un impegno che non ha senso, prospettive e la capacita di intravederle per sé e per la propria comunità.

All’ultimo Festival dell’Economia di Trento il Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha richiamato la necessità di riportare in classe il valore e la cultura del lavoro”, anche migliorando l’opportunità della “Alternanza Scuola/Lavoro”.

Insieme a questo, nell’epoca della comunicazione, si potrebbero forse utilizzare proprio le storie dei Cavalieri del Lavoro, fatte di passione, che genera conoscenze e competenze che alimentano poi l’intraprendenza e rendono il proprio impegno quotidiano una missione più grande di noi.

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