13 maggio 2023 Pollenzo – “Forum sul lavoro nella società attiva”
POLLENZO Si è aperto ieri il Forum sul lavoro nella società attiva, la due giorni di Pollenzo con oltre 100 direttori risorse umane delle più importanti aziende italiane e multinazionali per confrontarsi con le istituzioni e le organizzazioni sindacali e imprenditoriali.
L’evento, giunto alla seconda edizione, si tiene nella sede dell’Università di scienze gastronomiche ed è organizzato da Jobslab synergie.
Al centro della due giorni i temi legati all’attualità politica ed economica.
Programma
Saluto di Alberto Cirio, Presidente Regione Piemonte
Saluto di Ezio Raviola, Presidente della Fondazione CRC 10:00 – 13:00 – Conclusione del seminario:
“UN’AGENDA PER IL LAVORO”
Presiede: Alberto Orioli, Vicedirettore Sole24Ore
Introduce: Maurizio Sacconi, Presidente Associazione Amici di Marco Biagi
che ne discute con:
Cesare Damiano, già Ministro del Lavoro
Guido Saracco, Rettore del Politecnico di Torino
Giulio Romani, Segretario Confederale Cisl
Lino Enrico Stoppani, Presidente della Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi F.I.P.E – Confcommercio
Alberto Mingardi, Direttore Istituto Bruno Leoni
Marco Gay, Presidente Confindustria Piemonte
Conclusioni di Marina Calderone, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali
Intervento del Presidente
I temi del Lavoro non sono mai stati d’attualità come in questo momento, capaci di alimentare addirittura una crisi diplomatica tra due nazioni amiche -Italia e Spagna- dopo le dichiarazioni della Vicepremier e Ministra del Lavoro spagnola Yolanda Diaz, che ha criticato il nostro D.L. Lavoro, considerato contro i lavoratori per il rischio di nuova precarietà che alimenterebbe.
Nel suo intervento, poi, il Prof. Sacconi ha addirittura richiamato il Vangelo, in alcuni passi che riguardano i valori del Lavoro; io mi limito a citare Papa Francesco, particolarmente sensibile su questi temi.
Ricorderete al riguardo un suo intervento di qualche tempo fa, nel corso di un’assemblea dei lavoratori dell’Ansaldo di Genova, dove dichiarò che ”chi licenzia è un commerciante”, causando mortificazione nella Rappresentanza sindacale di commercianti ed esercenti. Oppure quando difese i lavoratori autonomi, dichiarando che “l’imprenditore stesso è un lavoratore, che non vive di rendita, che condivide la fatica dei suoi dipendenti e che conosce i lavoratori perché conosce il lavoro”.
Questa precisazione serve per allargare la riflessione sui temi del Lavoro, considerando, cioè, i tanti annessi e connessi anche con la quotidianità dell’uomo.
Ciò premesso, oggi il Lavoro è appesantito da due gravi emergenze: l’inflazione e la carenza di manodopera.
L’inflazione erode il potere di acquisto dei salari, mettendo a rischio il bilancio di molte famiglie dei lavoratori; in aggiunta, però, l’inflazione penalizza anche la marginalità delle imprese, soprattutto quelle che operano in settori con bassa produttività, alta concorrenza e fortemente labour-intensive, come certamente lo è quello della Ristorazione e dei Pubblici Esercizi.
Questa situazione frena la stagione dei rinnovi dei principali CCNL, alimentando poi, anche comprensibilmente, il dibattito sul concetto di giusta retribuzione o di salario minimo per legge, spesso affrontato con preconcetto ideologico o miopia nel considerare interamente il problema.
La carenza di personale, invece, è un problema trasversale, che colpisce tanti settori -Ristorazione, Commercio, Sanità, Industria, etc.- e universale, perché proprio di molti paesi occidentali. Solo il Terziario di Mercato lamenta la mancanza di circa 560mila unità di lavoro, di cui oltre il 50% nel solo settore del Turismo.
Questi problemi -inflazione e carenza di manodopera- minano anche le possibilità di crescita dell’economia del Paese, perché se non si trova il modo di migliorare i salari, con la decontribuzione o investendo sul welfare, si castigano i Consumi, che valgono oggi circa il 57% del P.I.L. italiano.
Inoltre, se manca manodopera, si tagliano le produzioni e si rinuncia a commesse di lavoro in tanti settori, perdendo tante opportunità e valore economico.
Per cui le criticità del Lavoro vanno affrontate intervenendo organicamente sulle tre principali questioni che lo interessano: politica, sociale e culturale.
La questione politica, che ha anche una derivata sulla rappresentanza, tocca molti aspetti che mi limito a titolare: la riduzione del cuneo fiscale e contributivo, la semplificazione delle norme per liberare il lavoro da vincoli normativi che producono costi e inefficienze organizzative, la definizione di vere politiche attive in grado di innovare, riqualificare, orientare verso le competenze che servono.
Al riguardo il Prof. Sacconi ha parlato di fallimento dell’azione di governo sul tema.
Io mi limito a segnalare che sono circa 1 milione i disoccupati presi in carico dai Centri per l’Impiego nel programma GOL, ma una cosa è l’adempimento amministrativo e, cioè, la presa in carico della persona disoccupata, altra cosa è investire sulla persona per avere risultati in termini occupazionali, che impone l’avvio dei Percorsi (5) finalizzati a far ritornare velocemente queste persone nel circuito del Mercato del Lavoro, dove si registrano gravi ritardi.
Se qualcosa è stato fatto, anche con il criticato ultimo D.L. Lavoro, molto rimane da fare su molti altri aspetti: la detassazione, per esempio, degli aumenti contrattuali per favorire i rinnovi contrattuali, il rafforzamento dei percorsi scolastici e formativi, ridando dignità e valore allo studio dei mestieri, una regolamentazione che eviti la proliferazione dei CCNL, partendo dalla riassegnazione del giusto peso alla Contrattazione Collettiva, certificando il reale peso delle Parti Sociali, evitando il rischio di una sistema autoreferenziale ed inefficace.
Las proliferazione dei CCNL spiega poi il fenomeno del “dumping contrattuale” dove, applicando la “Teoria della sottrazione”, si tolgono diritti ai lavoratori e valori al lavoro, alimentando concorrenza sleale e dequalificazione nelle attività, lasciando anche spazio ai sostenitori del “salario minimo per legge”.
La Contrattazione Collettiva deve ritornare ad essere anche un presidio di Legalità, nell’interesse delle imprese e degli stessi lavoratori.
Al riguardo, le Parti Sociali hanno precise responsabilità, anche nella capacità di rigenerare i CCNL, che devono evitare di continuare a cercare qualcosa che non c’è più (ricchezza in abbondanza da distribuire), ma ricercare qualcosa di nuovo (più produttività), con soluzioni sostenibili, che consentano poi la ridistribuzione della nuova ricchezza prodotta.
Marco Biagi ci invitava a investire nella creatività, intesa come volontà e capacità di costruire soluzioni adeguate ai tempi, ripartendo dalle Imprese come ci ha invitato anche oggi Maurizio Sacconi, che significa ripensare il lavoro con obiettivi, mansioni e responsabilità capaci di aumentare benessere individuale e valore imprenditoriale.
E la creatività non può essere, a mio avviso, quella di percorrere la strada della cosiddetta “Settimana Corta” (lavoro su 4 giorni, magari pagato per cinque), portata avanti da alcune grandi imprese italiane e che sembra essere la nuova frontiera per l’organizzazione del lavoro.
Questa soluzione è impraticabile per settori e/o attività obbligate a fornire servizio su 7/7 giorni, e spesso anche su 24/24 ore, che rischia anche di dividere il mondo delle Imprese in due grandi blocchi: da una parte quelle che possono investire per adattare i propri modelli di business o l’organizzazione del lavoro, grazie all’innovazione digitale e alla facilità di traslare i costi dell’innovazione a valle della loro filiera; dall’altra, invece, tutte le altre imprese, come le nostre, che hanno problemi di marginalità e che rischiamo di finire ai margini del Mercato del Lavoro, con danni alle stesse imprese, ma anche al Paese, per la dequalificazione di servizi essenziali e la perdita del valore sociale che qualifica questi servizi.
La Politica e la Rappresentanza, quindi, devono percorrere la strada che porti ad una riduzione degli oneri del lavoro, a migliorare la contrattazione collettiva e a riformare/semplificare il Diritto del Lavoro.
La questione Sociale, invece, è collegata ai temi della demografia, con i problemi della natalità oggetto dei recenti “Stati Generali della Natalità”, organizzati proprio per riflettere, immaginare ed elaborare interventi che mitighino i rigori dell’inverno demografico.
E’ evidente la correlazione che esiste tra Lavoro e Famiglie, non solo per i temi della conciliazione dei tempi della vita, tra lavoro e impegni privati, ma anche perché senza un buon lavoro e giusti contratti, non nascono nuove famiglie su cui rilanciare la natalità.
Servono, dunque, vere politiche sulla Famiglia, con interventi su Welfare -pubblico e privato- se si vuole cambiare la preoccupante attuale tendenza che registra il graduale invecchiamento della popolazione.
Nel frattempo bisogna saper gestire meglio l’unica alternativa possibile, che sta nella buona Immigrazione, da affrontare tralasciando le anacronistiche ideologie sulle razze e le strumentalizzazioni politiche, aumentando i contingenti dei flussi e prevedendo percorsi di integrazione sociale e di formazione professionale.
Infine la questione Culturale, che non sta solo nel recupero del senso civico citato da Giulio Romani della CISL per contrastare il lavoro irregolare, ma anche nel ridare dignità al Lavoro.
E’ forse l’aspetto più delicato, sulla quale hanno molte responsabilità le vecchie generazioni, che confermano la validità di un aforisma assegnato alla cultura cinese che recita: “in tempo di guerra i giovani uccidono i vecchi, in tempi di pace sono i vecchi ad uccidere i giovani”.
La ragione di questo concetto sta nella constatazione che se il Lavoro ha perso posizioni nel ranking sociale, la colpa è soprattutto di chi non ha saputo trasferire alle generazioni più giovani i valori edificanti e qualificanti del lavoro e la dignità che rafforza le persone, trascurando o rifiutando l’insegnamento che la fatica e i sacrifici producono oppure a cercare il posto piuttosto che il lavoro.
“L’intossicazione da lavoro”, come l’ha provocatoriamente definita (e criticata) Cesare Damiano riferendosi agli anni del boom economico, testimonia il cambiamento culturale nella considerazione generale sul Lavoro, con le sue degenerazioni, dimenticando che senza quella “malattia” oggi non avremmo l’allargato benessere e il progresso che ha migliorato la vita dei cittadini.
E’ emblematico che su Tik-Tok, social popolato soprattutto da giovani e giovanissimi, impazza il trend ≠quitmyjob (mi licenzio), che dimostra che lasciare il lavoro diventa motivo di orgoglio e di affermazione personale, con la conseguenza che il Lavoro non è più considerato come fonte di soddisfazione anche per le possibilità (economiche e di inserimento sociale) a cui dà accesso, ma diventa in sé un ostacolo, quando non si realizza, cioè, una convergenza tra quotidianità lavorativa e valori personali.
Su questo aspetto forse c’è anche l’esigenza di un diverso racconto e di un nuovo linguaggio, vicino e capace di comunicare con i più giovani, dando loro anche migliori prospettive, indispensabili per riattivare sia l’ascensore sociale che la speranza e la fiducia, spesso richiamate nelle autorevoli riflessioni che mi hanno preceduto. Grazie.
Pollenzo (Cn) – 13 Maggio 2023