Mixer dic. 22/gen. 23 – SPRECO: TRA BUON PROPOSITI E CATTIVI COMPORTAMENTI
Il 16 ottobre si è svolta la Giornata Mondiale dell’Alimentazione, con l’obiettivo di progettare e promuovere un mondo sostenibile in cui tutti possono avere regolare accesso al cibo. Il tema è indifferibile, ma con scarsa incisività nelle soluzioni: al volontariato viene affidato il compito di assistere gli indigenti, mentre il resto della popolazione è indifferente al problema, soprattutto nelle sue scelte quotidiane.
Al riguardo, si sperava che Expo Milano 2015 innescasse un cambiamento culturale profondo, capace di generare azioni durevoli negli anni: una risposta efficace al monito di Papa Francesco contro il ‘paradosso dell’abbondanza’, che divide il mondo in chi spreca risorse, da una parte, e chi muore di fame e sete, dall’altra.
Tuttavia, ancora oggi, l’Osservatorio Waste Watcher International, che studia i dati sullo spreco alimentare nel mondo, rilascia dati di persistente gravità del fenomeno, che è andato peggiorando per i cambiamenti climatici e gli effetti delle guerre, rendendo difficile il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda ONU, tra cui, entro il 2030, dimezzare lo spreco alimentare globale pro-capite.
I dati italiani non confortano, visto che il cibo sprecato in Italia è cresciuto a 9,2 miliardi di euro (674 grammi pro capite ogni settimana, 80 grammi in più rispetto alla precedente rilevazione). Inoltre, siamo al primo posto nell’UE nella assai poco edificante classifica per il consumo idrico per la produzione alimentare (con 11,9 miliardi di metri cubi di acqua destinati all’agricoltura e alla zootecnia), consumando da soli il 10% del fabbisogno idrico di tutto il continente africano. I buoni propositi, quindi, devono trasformarsi in coerenti e responsabili comportamenti, riprendendo i valori della Carta di Milano, eredità valoriale di Expo, che ribadisce il patrimonio di valori etici, sociali, culturali, storici e ambientali condensati nel cibo e promuove azioni virtuose di consumatori, produttori e distributori.
Le idee sono numerose, tutte attuabili, a partire dalle proposte alle scuole, con il rafforzamento dei programmi di sensibilizzazione che correggano i comportamenti dei consumatori, l’adozione di tecniche di packaging dei prodotti che ne allunghino la durata, la gestione delle informazioni sull’etichetta, soprattutto quelle riguardanti la shelf-life dei prodotti, e la diffusione di confezioni ridotte, che evitino gli sprechi. Sulle abitudini fuoricasa la ristorazione ha un ruolo preciso e dirette responsabilità, sulle quali oggi non è ammesso nessun disimpegno. Infatti, se proprio sul riuso e la valorizzazione degli avanzi o delle parti meno nobili dei prodotti è stato costruito lo straordinario patrimonio di ricette della cucina italiana, altra strada va ancora intrapresa sulle tecniche di porzionamento, di rotazione e di conservazione dei prodotti, superando anche gli anacronistici pregiudizi sulla surgelazione e congelazione, testimoniati dal mantenimento dell’obbligo dell’asterisco sui prodotti abbattuti.
Fipe-Confcommercio sullo spreco ha promosso il ‘Rimpiattino’, la versione italiana della doggy-bag, che non è la soluzione al problema, ma rappresenta comunque un necessario segnale di sensibilizzazione in grado di contrastare le resistenze culturali o gli imbarazzi individuali. L’unica vergogna è, infatti, girarsi dall’altra parte, perché se sostenere con i propri (cattivi) comportamenti il ‘paradosso dell’abbondanza’ non è mai stato etico, oggi non è più nemmeno, e in alcun modo, sostenibile.
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