Conferenza di Sistema Confcommercio 2024
Sintesi delle attività del Vice-Presidente Vicario Lino Enrico Stoppani
Forte Village (Pula – Ca) 3-5 ottobre 2024
Ritorno in questa edizione della Conferenza di Sistema a svolgere il difficile compito di fare un’analisi ragionata degli approfondimenti oggetto delle sessioni programmate, estrapolando spunti e contenuti utili al posizionamento della Confederazione, discendendo anche alcune possibili linee di azione sindacale sulle tematiche affrontate.
Questo compito incontra tre rischi: il rischio di semplificare tanta complessità e diversità di argomenti; il rischio di cristallizzare il ragionamento mentre lo scenario in cui ci si muove è in continuo mutamento; il rischio di non riuscire a declinare sindacalmente fenomeni o argomenti spesso vissuti lontani o ritenuti estranei alla realtà associativa.
Con le finalità proprie di una Conferenza di Sistema, il palinsesto è stato elaborato combinando temi di grande attualità e rilevanza, trattati nelle sessioni plenarie (“l’Europa che verrà”, “gli impatti dell’Intelligenza Artificiale”, “il PNRR e le Politiche di Coesione” e “i nuovi confini del Politicamente Corretto”), ad argomenti più specifici della nostra attività sindacale, affrontati nei diversi Gruppi di Lavoro.
Questo palinsesto è stato strutturato su tre grandi direttrici -Geopolitica, Digitale e Sostenibilità- che ormai occupano stabilmente la nostra quotidianità, affrontati con la consapevolezza di un contesto nel quale l’incertezza è diventata la normalità e la capacità di adattamento una necessità.
Ciò premesso, entriamo sui contenuti della Conferenza, partendo dalla sessione introduttiva “L’Europa che verrà: Competitività e Sostenibilità, Governance e Bilancio” presentata da Carlo Massoletti.
Negli ambienti economici europei si ripete da tempo un mantra “Gli Stati Uniti innovano, la Cina copia, l’Unione Europea regolamenta”, spesso richiamato per lamentare l’ipertrofia regolatoria che minaccia la competitività del nostro Continente, con “decisioni che precipitano nella nostra quotidianità” come ci ha ricordato il Presidente Sangalli.
È in atto una profonda transizione nell’ordine internazionale, che tocca ogni aspetto della vita -politica, religioni, demografia, clima, economia, digitale-, con l’avanzamento di politiche sempre più protezionistiche.
Mario Draghi nel suo spesso citato “Rapporto sulla Competitività”, contributo di grande valore tecnico, ma con una forte ricaduta politica, se recepito nelle sue indicazioni, lancia un grido d’allarme.
Per Draghi, infatti, le condizioni che hanno garantito la prosperità non ci sono più e, senza un cambiamento radicale di prospettiva, l’Europa non sarà più in grado di garantire il benessere di cui ha sempre goduto, avviando “la lenta agonia” prefigurata da Gilles Gressani.
In Europa va rilanciata la produttività in declino, fattore chiave della sua competitività, mobilitando nuovo Debito Comune per ingenti importi (750-800 miliardi di euro anno – il 4,40-4,70% del PIL europeo 2023) per sostenere gli investimenti, necessari per adattare la sua economia ad un contesto caratterizzato dall’inasprimento delle tensioni geopolitiche, da un’accelerazione del cambiamento tecnologico e dalle sfide delle tante transizioni in corso.
C’è bisogno di un’Europa “adatta al mondo di oggi e di domani” in grado di individuare da subito le priorità e che possa contare su una autonomia energetica, un mercato unico dei capitali, un sistema di difesa integrato e adeguato, una manifattura dedicata ai settori innovativi e in crescita, come il deep-tech e il digitale.
In occasione delle Elezioni Europee, la Confederazione aveva elaborato il suo documento di posizionamento, con le sue aspettative anche in tema di Governance, auspicandola più coesa e concentrata a costruire politiche di sviluppo, abbandonando i toni eccessivi sui nazionalismi o l’insofferenza verso i pesi (e contrappesi) nelle Istituzioni.
Oggi nessun Paese può muoversi da solo e l’Europa non può permettersi il lusso di ritardare risposte, ricercando piuttosto un rinnovato partenariato tra gli Stati membri, per contrastare rivali che la precedono, perché agiscono come un unico Paese, con un’unica strategia, con strumenti e politiche adeguate.
Analoghe sollecitazioni sono presenti nel “Rapporto sul Mercato Interno UE” di Enrico Letta, nel quale, ai già citati fattori chiave della sua economia, l’autore aggiunge la raccomandazione di investire, oltre che sulla libera circolazione di merci, servizi, persone e capitali, su una 5^ libertà: la libertà di ricerca, innovazione e istruzione, con il Capitale umano e le competenze che diventano fattore strategico.
È la quinta C, quella di Competenze che il Presidente Sangalli ci ha ben illustrato nella sua relazione introduttiva.
Se questo è il contesto e le prospettive sviluppate nella sessione su “l’Europa che verrà”, inevitabile ribadire la necessità di un rafforzamento della nostra dimensione sindacale in Europa, impegnata a seguire 150 dossier come ci è stato rendicontato, consapevoli che in un mondo suddiviso in blocchi geopolitici, le decisioni sono e saranno sempre più prese a livello continentale.
Fortemente connesso al tema europeo è il tema del “PNRR e la nuova Politica di coesione”, oggetto della sessione plenaria introdotta da Vito D’Ingeo.
Il tema rimane di grande attualità sindacale, perché dal raggiungimento degli ambiziosi obiettivi del PNRR, uscirà un Paese migliorato, nelle infrastrutture, nei servizi, nella sua coesione e nella sua economia.
A seguito della rimodulazione del 2023, infatti, il nuovo PNRR vale 194,4 miliardi di euro, di cui 71,8 miliardi in sovvenzioni e 122,6 miliardi in prestiti, per 7 missioni (+1), che prevedono complessivamente 66 riforme e 150 investimenti, raggruppati in 617 (da 527) traguardi e obiettivi.
È in corso una grande discussione per l’apparente contraddizione tra le finalità del discusso progetto sull’”Autonomia Differenziata”, che per i suoi detrattori rischia di far aumentare il divario tra Nord e Sud, e le Politiche di Coesione che hanno diretta correlazione con il PNRR, le quali si prefiggono, appunto, di ridurre le disparità di sviluppo tra le Regioni e di rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale, tra l’altro con gli investimenti previsti sulle aree ZES, che per l’Italia comprendono tutto il Mezzogiorno.
L’implementazione del PNRR e il suo stato di avanzamento presenta luci ed ombre, dove la questione dirimente rimane quella della spesa, sia essa pianificata o impegnata, finora sostenuta soprattutto dall’elargizione dei bonus alle imprese, con i numerosi colli di bottiglia nella espletazione delle procedure, che l’istituzione delle “Cabine di coordinamento” dovrebbe migliorare, avendo loro il compito di rilevare criticità, individuare soluzioni e implementare piani d’azione.
Inoltre, è partito il meccanismo di monitoraggio, con l’obbligo imposto ai soggetti attuatori di aggiornare i cronoprogrammi procedurali e finanziari sulla piattaforma ReGIS, proprio per garantire il raggiungimento degli obiettivi.
Nonostante le criticità, facciamo nostro l’auspicio della Premier Giorgia Meloni, che nella “5^ Relazione sullo Stato di Attuazione del PNRR” dichiara: “La messa a terra del PNRR è e rimarrà una priorità assoluta del Governo, perché ogni obiettivo raggiunto è un passo avanti per rendere la nostra Nazione più forte, più moderna, più attenta ai bisogni di famiglie e imprese”.
Sul tema la Confederazione continuerà l’attento e interessato presidio, testimoniato anche dai contenuti di questa sessione.
Come ricordavamo, uno dei fattori chiave del Mercato interno Europeo va considerata la transizione digitale, affrontata nella plenaria introdotta da Paola Generali, titolata: “Gli impatti dell’Intelligenza Artificiale su Etica e Politica, Economia e Società”.
Non c’è settore in cui l’Intelligenza Artificiale non trovi applicazione: la comunicazione, la sanità, la finanza, l’istruzione, l’industria, il turismo, la cultura, l’ambiente, la musica, perfino il calcio e, ovviamente, anche il Terziario di Mercato, come peraltro già confermato dal Presidente Confederale in una delle sue tante uscite sui Media sul tema.
Siamo di fronte ad una rivoluzione tecnologica, con implicazioni economiche, sociali e umane profondissime, che sta offrendo tante opportunità e alimentando altrettanti dubbi.
Ci chiediamo, infatti. quali rischi corriamo affidandoci agli algoritmi? L’AI ci ruberà il lavoro o ci aiuterà a migliorare in efficienza e a ridurre i costi? C’è il rischio di un nuovo colonialismo digitale? Quali sono i limiti etici al suo utilizzo? E in caso di errore, di chi sarà la responsabilità?
Sono solo alcune delle tante domande che emergono dall’incandescente dibattito in corso sul tema, con risposte certamente non facili, nonostante l’Europa abbia pubblicato il suo “AI Act” e l’Italia stia costruendo la sua via all’intelligenza artificiale, con buona dose di realismo (operiamo in un campionato di giganti), con importanti risorse, con infrastrutture (il cloud nazionale promosso da Cingolani) e con reti e sistemi territoriali.
Infatti, le intelligenze artificiali generative, producendo artefatti linguistici e immagini, sono macchine culturali, capaci di alterare la realtà, disinformare, destabilizzare la società, alimentare tensioni sociali e politiche, generando conflitti e disordini, erodendo la democrazia e favorendo regimi autoritari.
Questa tecnologia, lungi dall’essere “neutrale”, va quindi manipolata con cura, alimentandola con massicce dosi d’intelligenza umana, oltre che di virtù, anche per allontanare le paure.
Infatti, come dice Padre Paolo Benanti, Presidente della Commissione IA per l’Informazione e l’Editoria, “l’Intelligenza Artificiale può essere pericolosa, ma può essere un fantastico utensile per fare meglio molte cose e il problema non sta nell’IA, ma in chi la utilizza”.
In altri termini, l’uomo deve essere al centro del processo decisionale, elemento di controllo che garantisce alla macchina un utilizzo “umano”, laddove per umano intendiamo non solo da parte dell’uomo, ma anche per il bene dell’uomo, come ci ha richiamato Padre Occhetta.
È evidente che gli impatti sono trasversali e in gioco c’è la supremazia del futuro, dimostrata anche dal fatto che gli Stati Uniti con Trump, già nel 2018, lanciarono l’operazione China Iniziative, proprio per contrastare lo spionaggio industriale ed evitare il passaggio di informazioni e competenze strategiche, come peraltro drammaticamente dimostrato anche nelle operazioni militari nel Medio Oriente.
Per non parlare poi degli effetti economici, perché dopo le Big Oil, le Big Tobacco e le Big Media, oggi il mondo è dominato dalla “Magnifiche Sette” (le Big Tech: Google, Amazon, Facebook-Meta, Apple, Microsoft, Nvidia e Tesla), che hanno raggiunto una capitalizzazione superiore ai 13 mila miliardi di dollari, con una capacità di penetrazione nel tessuto sociale senza precedenti.
Anche i nostri settori saranno trasformati da queste tecnologie, persino quelli dove “l’esperienza”, quindi la realtà analogica, è il motore centrale del business.
Penso a tal proposito al Turismo, che abbiamo affrontato in un’altra plenaria titolata “Turismo: tra Megatrend globali e Sfide Locali”, gestito dai Vicepresidenti Confederali, Manfred Pinzger e Loretta Credaro, che hanno analizzato le sfide, i cambiamenti, i problemi e le prospettive del Comparto.
Di Turismo si discute spesso, non solo per il suo sempre maggiore contributo al PIL, ma anche per le distorsioni che i grandi flussi turistici scaricano sulle città, troppo fragili e poco attrezzate a reggere il fenomeno.
L’Italia si trova oggi di fronte ad un paradosso: se fino a qualche tempo fa il problema era individuare gli strumenti per estrarre ancora meglio il nostro “Petrolio”, oggi sembra che il turismo sia un pericoloso fiume da arginare.
La demonizzazione del turismo è un atteggiamento, però, che un Paese a bassa crescita come il nostro non si può permettere.
Alcune innovazioni di prodotto hanno trasformato il settore; tra queste il cresciuto ruolo delle compagnie aeree low-cost o delle grandi navi da crociera che, lavorando sui prezzi, hanno ampliato enormemente la platea dei viaggiatori. In aggiunta, va ricordata l’esplosione del mercato dei cosiddetti “affitti brevi”, con le case vacanze e i b&b, offerti tramite piattaforme digitali internazionali.
Queste innovazioni di prodotto si sono poi incrociate, sia con la forte domanda delle classi medie dei paesi emergenti, in grado di accedere a questo mercato e a questi standard di consumo, sia con l’instabilità in Medio Oriente e in Africa settentrionale, che ha ridimensionato mete una volta concorrenti.
A dare ulteriore fiato a queste dinamiche è intervenuto anche la liberazione della quota di risparmio accumulato negli anni della pandemia, che associato ad un mutamento culturale nei consumi, sta portando il valore dell’esperienza (turistica) a superare la gratificazione legata all’acquisto di beni.
La combinazione di questi fattori ha prodotto lo sviluppo del Turismo, degenerato in situazioni inedite di “overtourism”, con il dato delle Cinque Terre (4 milioni di visitatori per 4 mila abitanti) che illustra perfettamente la portata del fenomeno.
L’Italia ha, però, davanti un’occasione unica per intercettare questo grande movimento turistico internazionale, che ha anche una componente democratica e che nutre la sua economia, sfruttando l’inimitabile sua “Grande Bellezza”.
Vanno gestite le esternalità negative e se il mercato ragiona con i prezzi, alla politica, anche associativa, serve pensiero, coraggio, azione e visione per governare un fenomeno senza la narrazione negativa che oggi lo penalizza, individuando soluzioni.
Importanti, non solo per la narrativa del turismo, i due brevi spazi ritagliati nelle plenarie ai “Confini del Politicamente Corretto nella pubblicità e nella comunicazione”, con il Fabbricante di Lampadine Giampaolo Rossi.
Se nella pubblicità il primo obiettivo era sempre stato la promozione di un prodotto, ora prevale una maggiore sensibilità ad educare verso un consumo responsabile, dove il prezzo non è più solo un numero, ma la sintesi di una visione sempre più allargata e coerente anche con un’etica rispettosa dei diritti e delle necessità di tutti.
Il “Politicamente Corretto” dal punto di vista commerciale, quindi, si è evoluto, guardando con maggiore attenzione le diversity e le responsabilità ESG.
In Politica, invece, le dinamiche tossiche con cui vengono portate le diverse posizioni, sono state ormai sdoganate, superando i confini del tradizionale “Politicamente Corretto”, con la rimozione di qualsiasi timore nel pronunciare espressioni o assumere atteggiamenti eccessivi, con il decadimento dei valori del rispettoso confronto.
Quello che spaventa è la regressione del linguaggio, l’assuefazione a questo decadimento e il peggioramento del contesto politico-sociale.
Non è solo un problema italiano, visti gli inquietanti toni della campagna elettorale negli Stati Uniti d’America, dove non emergono programmi, contenuti o valori, ma la volontà di alimentare la paura per generare timore, ansia, scontro e divisione e così meglio contrastare gli avversari.
Il vero potere sta ora nel dominio sulle persone, e non tanto o solo nel denaro, in mano ai padroni della rete, che influenzano la Politica e che avranno, probabilmente, il lusso di indicare il prossimo Presidente degli Stati Uniti d’America.
Anche nella Rappresentanza sta cambiando il modo di portare gli interessi rappresentati, dove si sta affermando il linguaggio della mobilitazione.
La mobilitazione di inizio anno degli agricoltori sulla questione dei prezzi, considerati insufficienti a remunerare le produzioni agricole, ha fatto passare la dannosa (per noi) equazione: Distribuzione = Speculazione.
Il rischio sottostante è che i compromessi che la Politica è chiamata a risolvere, saranno sempre più spesso risolti considerando più la capacità di mobilitazione dei suoi interlocutori, piuttosto che il merito o la sostanza delle questioni, disconoscendo l’utilità, i valori e i ruoli del confronto istituzionale.
Come ha ben osservato Ferruccio de Bortoli in un interessante editoriale del Corriere della Sera: “nella rappresentanza degli interessi, e soprattutto dei bisogni, non conta essere in tanti. E ancora di meno avere qualche ragione. Decisivo è il potere di farsi sentire di più. E’ cioè il “fattore grida””.
In discussione c’è, dunque, non solo il nostro posizionamento istituzionale, ma anche i modi della nostra comunicazione, dove la nuova concezione del “Politicamente corretto” impone la ricerca di nuovi toni e strumenti per la trasmissione delle nostre idee.
* * *
Sviluppata, quindi, la prima parte sulle plenarie, entriamo nei lavori dei Gruppi di Lavoro, divisi in 7 sessioni, che hanno ripreso alcuni temi introdotti dalle stesse plenarie.
- ”Il ritorno della geopolitica ed i suoi impatti sul commercio internazionale ed i trasporti”
I cambiamenti degli scenari globali si sono concretizzati nella riflessione del Gruppo, coordinato dal Vicepresidente Riccardo Garosci e da Pasquale Russo, che ha parlato di commercio internazionale e trasporti.
L’”ottovolante geopolitico”, efficace immagine con la quale ISPI inquadra l’attuale scenario, sta portando ad una inevitabile riconfigurazione dei tradizionali modelli di commercio e trasporti.
La geopolitica è ormai diventata il rischio maggiore da presidiare nel disegnare gli scenari macro-economici, sui quali impostare piani industriali, asset allocation per la finanza, manovre di bilancio pubblico, proprio per il contagio immediato che le turbolenze nel mondo determinano sui valori del PIL, sul livello dei prezzi e di inflazione, sui tassi di interesse, sui consumi, oltre che sugli indici di fiducia di imprese e famiglie.
Le aree di tensione sono numerose -fronte russo-ucraino, l’incandescente focolaio Medio orientale, le prove di forza tra le potenze militari a Taiwan, gli Houthi sul Mar Rosso, l’incognita Nord Korea, etc.-, criticità che stanno avendo un impatto economico pesantissimo per il nostro Paese.
In particolare, la crisi di Suez, uno dei punti nevralgici del commercio mondiale, dove transita il 12% del commercio estero italiano e il 16% del nostro import, ha imposto la ricerca di nuove rotte, facendo aumentare i tempi della navigazione, esplodere i noli marittimi, diminuire di circa il 15% la movimentazione di merci nei Porti italiani, con danni a tutta la logistica terrestre.
La sessione ha approfondito situazione e prospettive, ricercando soluzioni per minimizzare impatti negativi e cogliere eventuali opportunità che l’evoluzione della crisi potrebbe far emergere.
- “Imprendigreen e Comunità energetiche: esperienze in corso e prospettive”
Nelle plenarie è uscito spesso il richiamo ad uno dei fattori chiave del Mercato interno europeo che sta nella transizione green e digitale.
Non a caso almeno 4 Gruppi di lavoro lo hanno indagato da diversi punti di vista: dalle comunità energetiche all’autoproduzione energetica, dal rating creditizio legato agli ESG al tema dell’intelligenza artificiale.
Il Gruppo dedicato a “Imprendigreen e comunità energetiche”, coordinato dalla Vicepresidente Patrizia Di Dio e Giovanni Acampora, ha portato prima la sintesi del corposo processo europeo di regolamentazione per indirizzare la transizione ecologica, con l’elenco degli adempimenti programmati, e aggiornato poi sul progetto Confederale Imprendigreen e sulle opportunità per Imprese e Territori.
Imprendigreen si prefigge di sensibilizzare, formare ed accompagnare la transizione ecologica, offrendo ad ogni impresa la possibilità di verificare l’impatto, in chiave sostenibile, delle sue attività, certificandone poi la regolarità.
Questo progetto costituisce, però, anche l’assunzione di un impegno di responsabilità sociale da parte di Confcommercio, che sul tema ha ruolo, competenze oltre che precisi doveri.
Successivamente si è entrati nel merito di alcune opportunità per Imprese e Territori, sia per l’avvio dell’autoconsumo collettivo, sia per la realizzazione di CER -Comunità Energetiche Rinnovabili-, portando anche alcuni buoni esempi di progetti associativi, tra cui il “Rimpiattino” FIPE premiato come “progetto innovativo ed eccellente” di sostenibilità.
- “Transizione 5.0 e Autoproduzione energetica: guida pratica per il futuro”
I temi della sostenibilità hanno trovato continuità in questo altro Gruppo di lavoro, guidato dai Vicepresidenti Pier Andrea Chevallard e Giovanni Da Pozzo, che ha affrontato la Transizione 5.0, che incentiverà i progetti di innovazione in cui al rinnovo di impianti in chiave digitale andrà abbinato anche un certificato risparmio energetico, introducendo un sostanziale cambiamento alle dinamiche di investimento in beni strumentali.
La combinazione tra due transizioni -digitale e green-, a cui sono collegati investimenti anche in formazione, ha prodotto uno schema di incentivazione da 6,23 miliardi di euro, finanziati con i fondi del PNRR.
I costi energetici continuano ad essere una zavorra e uno svantaggio competitivo per le Imprese, e una strada per allentare questa pressione è incentivare l’autoproduzione da fonti rinnovabili e il risparmio energetico, utilizzando le agevolazioni fiscali introdotte, con lo strumento del credito d’imposta.
La sessione ha, quindi, presentato i campi di applicazione degli aiuti 5.0 nei settori del Terziario e gli aspetti procedurali, con le indicazioni da dare alle imprese per accedere agli incentivi.
Sempre a cavallo tra sostenibilità e digitale, nell’analisi delle conseguenze sui rapporti tra imprese e sistema bancario, abbiamo poi dedicato una sessione a:
- “Costruire Servizi in logica Data Driven: Assessment Digitale, ESG e Rating Creditizio”
Il titolo di questa sessione, guidata dal Vicepresidente Mauro Lusetti e Paolo Ferrè, ben inquadra l’argomento e la necessità di integrare e diversificare i servizi offerti alle Imprese, dove a ragione è stato utilizzato il verbo “costruire” proprio per il forte carattere innovativo dell’impegno associativo.
Il digitale, infatti, sta producendo un’evoluzione genetica delle Imprese, cambiandone i connotati organizzativi, le strategie commerciali, il mercato, la stessa Governance, dove la necessità di prendere decisioni informate, basate cioè su dati oggettivi e non solo su intuizioni, sta segnando una svolta epocale.
Se cambiano le Imprese, cambiano anche le esigenze da rappresentare, con le transizioni in atto che trasformano, a tassi di cambiamento crescenti, anche i mezzi e gli obiettivi del nostro presidio sindacale.
Da qui la necessità di rivedere il portafoglio dei servizi offerti, aggiungendo quelli consulenziali, proprio per intercettare coerentemente questi nuovi bisogni.
La sessione ha declinato, in particolare, alcuni esempi di nuovi servizi, alcuni dei quali – ESG e rating creditizio-, seppur introdotti con i criteri di gradualità e proporzionalità, avranno sempre più rilevanza e interesseranno anche le realtà più piccole, soprattutto se inserite in catene di valore, aprendo nuovi spazi per la rappresentanza e per nuovi servizi.
Se l’approccio data driven cambia radicalmente il “prodotto” associativo, cioè i servizi, il medesimo approccio rivoluziona anche il modo in cui va proposto, cioè il marketing associativo, visto nella sessione guidata da Enrico Postacchini e Agostino Cicalò, titolata:
- “Dati e Marketing associativo: la nuova Piattaforma Unica Associati e i suoi sviluppi”
Una delle azioni preliminari del progetto confederale “Rappresentanza 4.0”, promosso per comprendere gli effetti e gli impatti della trasformazione digitale nella rappresentanza e nell’offerta dei servizi, era l’implementazione di una nuova PUA -Piattaforma Unica Associati-, di cui nella sessione è stata riconfermata l’utilità strategica.
Infatti, nella definizione del progetto “Rappresentanza 4.0”, era emersa la necessità di integrare le diverse fonti di dati sugli associati, in un Data Base confederale, affidabile, strutturato e aggiornato, alimentato dai territori, categorie, società ed enti del Sistema, che consentisse di conoscere meglio i nostri Soci, in termini di dimensione, settore merceologico, forma societaria e altri parametri quali-quantitativi, con la finalità di strutturare un servizio più accurato, mirando meglio anche le nostre azioni di marketing associativo e aumentare la redditività dei servizi.
Nella sessione, quindi, con la presentazione della Piattaforma e il supporto fornito dalla Confederazione per favorire una larga adesione, si sono dimostrate utilità e potenzialità dello strumento, con la testimonianza di alcune Associazioni che hanno già sperimentato e applicato lo strumento.
- “Il Terziario di Mercato e gli impatti dell’Intelligenza Artificiale sul lavoro”
Nel Gruppo di Lavoro guidato dalla Vicepresidente Donatella Prampolini e Umberto Bellini, si è ripreso il tema dell’intelligenza artificiale, vista dalla prospettiva del mercato del lavoro, con le implicazioni che questa avrà sulle imprese e i corpi intermedi.
L’“AI Act” europeo (Regolamento 2024/1689), ha individuato una gradualità di rischi -minimi, modesti, alti o inaccettabili- ed introdotto, con efficacia differita e cadenzata in base ai livelli di rischio connessi ai sistemi di IA impiegati, nuovi obblighi per i fornitori e gli utilizzatori di IA (in altri termini più alto il rischio, maggiori gli obblighi).
Andrà riscritto, quindi, il modello organizzativo “231” e, a cascata, revisionate, modificate e aggiornate le procedure interne e i regolamenti: il codice disciplinare, le informative ai dipendenti sull’uso di strumenti automatizzati, la documentazione sulla Privacy, il DVR (Documento Valutazione dei Rischi), i protocolli data breach, i piani formativi, gli stessi Contratti di Lavoro o gli accordi sindacali, oltre a tante altre procedure.
Oltre agli aspetti di natura regolamentare, che avranno impatti importanti anche sindacalmente in virtù di nuovi servizi che si potranno offrire alle imprese, l’AI cambierà il lavoro (per il FMI il 40% dei posti di lavoro ne sarà influenzato) e lo stesso mercato del lavoro, fornendo, ad esempio, nuove soluzioni all’attuale e atavico mismatch tra domanda e offerta di lavoro.
È prevedibile che l’avanzamento dell’IA produrrà l’effetto “Automation e Augmentation” -come l’ha definito il Dott Taranto- e cioè automatizzerà alcune attività che richiedono ripetitivo apporto umano, sostituendo o cambiando alcune posizioni lavorative, mentre in tanti altri lavori offrirà un supporto prezioso, migliorando produttività ed efficienza.
Secondo uno Studio del Parlamento Europeo il 14% dei posti di lavoro potrebbe essere perso, mentre il 32% avrà cambiamenti profondi.
A tal proposito, è bene ricordare quanto fossero sbagliate teorizzazioni pessimistiche sugli impatti della tecnologia e della digitalizzazione nel mercato del lavoro che, invece, aprono orizzonti di “governo” del cambiamento, più che di mero contrasto o di opposizione ideologica.
Se questo è lo scenario atteso, appare evidente che le Istituzioni e il sistema educativo avranno la responsabilità di accompagnare i cambiamenti, con nuova attenzione ai percorsi di educazione, formazione e riqualificazione professionale.
Infine, l’utilizzo sempre maggiore dell’IA nelle imprese richiederà nuove competenze e interventi organizzativi e, al riguardo, nella ultima sessione, guidata da Giacomo Bramucci e Matteo Musacci, si sono valutati gli impatti sul lavoro.
- “Competenze Digitali e Cambiamento organizzativo: Mappatura e linee di azione per il sistema organizzativo”
Infatti, in questa sessione sono stati presentati gli esiti di uno studio della Società di consulenza Mercer –“Global Talent Trends”-, che ha coinvolto tanti soggetti tra Ceo, Capi del personale, dipendenti, investitori, in 17 aree geografiche e 16 settori tutti diversi, che ha fatto emergere gli elementi essenziali del cambiamento, dove la “persona”, nonostante le grandi innovazioni in corso, continuerà ad essere il centro strategico delle politiche aziendali.
Successivamente sono stati presentati i risultati di un progetto pilota della Confederazione (UpSkilling) finalizzato a mappare le competenze digitali su un campione significativo di Associazioni Territoriali e di Categoria, oltre che di alcune Società di servizio, evidenziandone il potenziale e le carenze, sempre nell’ottica di conoscere prima di definire una strategia.
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Chiudo con la speranza di aver correttamente interpretato e trasferito, sia il grande impegno organizzativo profuso, sia i principali contenuti della Conferenza, che ha offerto un’occasione di utile confronto e riscontrato gli obiettivi per i quali la Confederazione l’ha istituita, rafforzata e migliorata negli anni, proprio per investire sulla sua classe dirigente e renderla capace di pensare in grande e ambiziosa nei fini, rafforzando il suo ruolo di avanguardia culturale e di protagonista nel dibattito sul futuro economico, sociale e istituzionale del nostro Paese.
I temi affrontati nelle tante sessioni sono stati in buona parte diversi rispetto agli scorsi anni, in alcuni casi tralasciando alcuni temi “classici” della nostra rappresentanza o interpretandoli in chiave radicalmente innovativa e tecnologica.
Questo non significa affatto che alcuni temi (dalla cultura alla rigenerazione urbana, dal lavoro alla fiscalità, dalle diversity all’imprenditoria giovanile) siano trascurati o considerati superati.
Le proposte di riflessione della Conferenza di Sistema hanno voluto indagare “l’enorme potenziale di cambiamento, mai stato così importante e neanche così possibile” come ci ha intrigato il Segretario Generale Luigi Taranto nel suo intervento, lasciandoci la responsabilità di riflettere e la possibilità di maneggiare in modo migliore argomenti sempre più invasivi nelle dinamiche associative e di sempre maggiore interesse per le imprese.
Questi giorni ci hanno regalato l’esperienza e l’emozione di come un “villaggio” possa e voglia guardare al futuro, aperto al nuovo, allo sviluppo, alla responsabilità sociale e soprattutto alle persone.
Tutto questo è stato fatto, con responsabilità, con senso, passione e spirito sindacale, valori che la Conferenza di Sistema prova ad alimentare, rinnovare e migliorare ogni volta.
Grazie.