Rapporto Ristorazione 2024
Il 2023 sarà ricordato come un anno positivo per la ristorazione italiana, considerando che 9 imprese su 10 hanno migliorato o confermato il fatturato dell’anno precedente e si aspettano un 2024 in crescita o, quantomeno, stabile. Nonostante l’inflazione e l’incertezza del contesto internazionale, i consumi alimentari fuori casa sono infatti rimasti tonici attestandosi a 92 miliardi di euro e, esprimendo oltre 1 milione di lavoratori dipendenti, l’occupazione del settore è tornata abbondantemente al di sopra dei livelli pre-pandemici. Un bilancio positivo, insomma, ma la storia che il nostro Rapporto Ristorazione traduce in dati è ben lontana da finire qui.
Stabilità, infatti, non significa immobilità del settore, che sta invece cambiando pelle sia dal punto di vista della domanda sia dal punto di vista dell’offerta. La cesura innescata – psicologicamente, socialmente ed economicamente – dalla pandemia ha avviato una trasformazione profonda che va accompagnata con uno sguardo attento e quello spirito imprenditoriale che suggerisce di non accontentarsi di navigare il presente, spingendosi ad affrontare il futuro.
Se infatti dall’osservare “quanto” consumiamo si passa a guardare con più attenzione “come” consumiamo, è possibile notare un costante, sensibile cambiamento degli stili di vita degli italiani, che si rivelano meno abitudinari che in passato e più consapevoli nelle scelte, che, per convinzione o per necessità, sono maggiormente orientate ad ottenere il cosiddetto “value for money”. Anche perché il “money” mediamente necessario per consumare fuori casa è diventato più alto: pur con molta prudenza (in alcuni casi, persino reticenza) da parte degli operatori, l’aggiustamento dei listini è stata una inevitabile conseguenza dell’aumento dei costi e dell’impennata dell’inflazione. Il 2023 si chiude comunque con un +5,8% dei prezzi del settore, tra i valori più contenuti a livello dei 27 Paesi della UE.
Il nuovo profilo di consumo degli italiani, che premia la qualità e l’efficienza, si rispecchia parallelamente nella lettura dei dati che raccontano la trasformazione dell’offerta. Nel 2023, circa il 50% dei pubblici esercizi ha effettuato almeno un investimento, soprattutto per il rinnovo del parco attrezzature, il controllo dei consumi energetici e il potenziamento degli strumenti digitali. Qualcosa come il 90% dei ristoranti e l’80% dei bar hanno implementato nel proprio locale strumenti digitali (rete wi-fi aperta, registratori di cassa più evoluti, smart POS, sistemi di prenotazione online ecc.). D’altra parte, su tutto il territorio nazionale, si registra una crescita dei modelli più complessi di offerta (come il ristorante), mentre declina il canale bar, tradizionalmente più scelto perché gravato da minori complessità gestionali.
Si va insomma verso una strutturazione dell’offerta, che vede contrarsi il numero delle imprese rispetto al 2022: non per forza una cattiva notizia se questo significa un rafforzamento delle competenze e un aggiornamento dei format, visto che l’amplissima platea delle 332mila imprese continua ad avere un tasso di imprenditoria femminile superiore alla media (il 29% del totale) e il 12,3% di giovani che decidono di mettersi in proprio. Certo, il turnover imprenditoriale nel nostro settore continua a rappresentare un punto di domanda rispetto alla qualità e alla professionalità di chi si dedica a questo mestiere e un fenomeno tutto da approfondire rimane quello dell’imprenditoria straniera (che nel settore raggiunge e ormai supera il 14%) ed esprime alcune eccellenze ma anche alcune forme di autoimpiego di necessità.
Leggere attentamente i dati del mondo dei Pubblici Esercizi, ancora una volta, ci racconta più di un “semplice” andamento settoriale ed economico: ci suggerisce infatti spesso dove sta andando la società e può essere uno spunto di riflessione tanto per l’impresa (di qualsiasi comparto), quanto per la sua rappresentanza.
Lino Enrico Stoppani
Presidente Fipe-Confcommercio