Giochi pubblici, preservare qualità di offerta e occupazione. FIPE – Confcommercio con EGP chiede attenzione politica al futuro delle Sale Bingo
Roma, 14 febbraio 2022 – Considerare la pesante crisi economico-finanziaria di bingo e gaming halls, intervenendo sulle disposizioni in materia di canoni concessori per fermare la chiusura delle sale e la perdita di occupazione e legalità nel settore, oltre agli effetti negativi per l’erario legati alla riduzione di gettito e all’aumento degli ammortizzatori sociali per i lavoratori.
Come altri settori dell’intrattenimento e della ristorazione fuori casa, le attività di gioco pubblico hanno subito lunghi mesi di chiusura, con conseguente interruzione dei ricavi, nel 2020 e 2021; con l’inizio del 2022 fronteggiano ancora la contrazione della domanda dovuta, in gran parte, al mantenimento di severe misure di prevenzione COVID. Le Sale Bingo in particolare sono strette tra queste condizioni e la richiesta di canoni mensili per le proroghe delle concessioni, imposti dalla persistente impossibilità di realizzare le procedure selettive di riattribuzione e tuttora stabiliti in 90.000 euro annui per sala, non tenendo conto del periodo di chiusura forzato e delle mutate condizioni di esercizio.
“L’attenzione ai consumatori e la diffusione di modalità di gioco responsabile, garantite dalle Sale Bingo e dalle grandi Gaming halls, va preservata in primo luogo nell’interesse dei consumatori stessi” evidenzia Roberto Calugi, Direttore Generale di FIPE Confcommercio “anche per coerenza con i programmi di riordino del settore, annunciati da tempo dal Governo, che evidenziano la rilevanza della distribuzione specializzata nell’equilibrio ottimale di questo comparto”.
“Da mesi rappresentiamo l’urgenza di intervenire normativamente per chiarire che i canoni dei periodi di chiusura COVID non sono dovuti” rimarca Emmanuele Cangianelli, Presidente di EGP, organizzazione di categoria di FIPE Confcommercio “e per riportare gli stessi canoni richiesti per la continuità di esercizio delle concessioni al livello previsto inizialmente di 33.600 euro annui per sala. Un segnale di attenzione per il settore che, seppur finanziariamente non definitivo, rassicurerebbe gli imprenditori impedendo la chiusura delle sale: ogni chiusura comporta infatti effetti deleteri su concessionari, lavoratori e sul perimetro di legalità nell’offerta di gioco, ma anche un impatto negativo per le casse pubbliche, private del gettito generato dai punti chiusi e chiamate a sostenere con gli ammortizzatori sociali i dipendenti esclusi dal lavoro” conclude Cangianelli.