#StessoMercatoStesseRegole. Dalla Cassazione vincoli ai circoli privati sulla somministrazione

12 Luglio 2018

La Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza sezione Tributaria, n. 15475 del 13 giugno 2018 ha qualificato, ai fini del trattamento tributario, come “commerciale” l’attività di gestione di un bar da parte di un ente non lucrativo quando tale prestazione non è strumentale al raggiungimento dei fini istituzionali dell’ente anche se svolta esclusivamente in favore degli associati.

Da sempre la Federazione combatte in ogni sede la concorrenza sleale che proviene, tra l’altro, da Circoli Privati con finalità di variegata caratterizzazione in campo sociale, culturale, sportivo-ricreativo, etc., lamentando il differente regime amministrativo-fiscale che penalizza gli operatori di Pubblico Esercizio italiani.

La recente sentenza conferma la validità e le ragioni della nostra posizione e può essere considerata un grande risultato per tutta la categoria, da ascrivere anche alla determinazione e alla costanza con la quale la Federazione ha sempre sostenuto e contrastato questa forma di concorrenza sleale, che danneggia fortemente il settore.

In particolare, la Suprema Corte ha stabilito che quando tali enti effettuano attività di somministrazione di bevande rese dietro pagamento di corrispettivi specifici, affinché possano beneficiare dei vantaggi fiscali riservati agli enti “non commerciali” è necessario il concorso di due circostanze:
1. l’attività di gestione del bar ristoro deve essere svolta esclusivamente in favore degli associati;
2. tale attività deve essere affine e strumentale rispetto ai fini istituzionali perseguiti dall’ente.

Il primo vincolo, come noto, viene facilmente eluso attraverso il rilascio della tessera associativa al momento dell’ingresso nel locale.

Il secondo, invece, è di particolare rilevanza in quanto la Suprema Corte, nella disamina del caso di specie, ribadisce il principio secondo cui non basta che l’attività venga svolta solo in favore dei soci, ma è sempre necessario che la stessa venga realizzata per il perseguimento di finalità istituzionali dell’ente no profit, senza specifica organizzazione e verso il pagamento di corrispettivi che non eccedano i costi di diretta imputazione.

In sostanza, la Suprema Corte, confermando quanto espresso anche in precedenti pronunce, ha avvalorato la posizione della Federazione secondo cui la gran parte dei circoli culturali, sociali e ricreativi, quando svolgono (anche solo in favore dei soci) attività di somministrazione verso il pagamento di corrispettivi specifici, non possono beneficiare dei vantaggi fiscali, dal momento che tale prestazione in alcun modo potrebbe ritenersi strumentale alle finalità istituzionali del circolo culturale/ricreativo.

12-07-2018

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