Assemblea Annuale Fipe – Relazione del Presidente
La persona al centro della buona economia
Città del Vaticano, 22 Novembre 2017
Palazzo San Calisto
L’Assemblea 2017 della Federazione ha una sede e un tema insoliti, rispetto ai consolidati rituali, che prevedono normalmente la presentazione delle virtù e dei valori delle categorie rappresentate, l’attribuzione di colpe e responsabilità ai vari interlocutori istituzionali di riferimento, con l’elencazione, poi, dei bisogni e delle aspettative del settore.
Quest’anno si è voluto cambiare l’impostazione, non perché riteniamo superato o sbagliato considerare l’Assemblea il momento di approfondimento dei problemi e delle esigenze del settore; anzi, le Assemblee servono soprattutto per questo motivo e lo Statuto, tra l’altro, impone l’obbligo di rendicontare ai Soci l’attività sindacale sviluppata, raccogliendo poi le valutazioni sull’operato ed indicazioni circa la direzione da intraprendere nell’attività di rappresentanza sindacale.
Ci sono essenzialmente tre ragioni che giustificano un diverso orientamento rispetto alle abitudini, che spero condivise.
Il primo motivo sta nel fatto che i temi della rappresentanza sindacale sono oggetto nel corso dell’anno di numerose occasioni di approfondimento, tra riunioni degli Organi associativi, Convegni, Seminari, Audizioni, interventi sui Media e, quindi, ritenuti già conosciuti.
Il secondo motivo è collegato alla costante attenzione che la Federazione rivolge a fenomeni apparentemente esterni, ma che hanno un forte impatto sul contesto in cui operano le nostre Aziende e, quindi, argomenti da presidiare e gestire con la stessa attenzione e qualità normalmente riservate ai tanti temi del dibattito sindacale che più interessano le nostre Imprese.
Per questa motivazione, due anni fa, abbiamo svolto la nostra Assemblea all’interno di Expo, riprendendo i concetti della manifestazione, declinati nel titolo “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”, che richiamava gli aspetti culturali, scientifici, ambientali, etici, storici, antropologici, commerciali collegati all’alimentazione dell’uomo.
La “Carta di Milano”, che di Expo 2015 costituisce la vera eredità, contiene principi che devono guidare le politiche economiche internazionali, da orientare verso la sostenibilità ambientale delle produzioni, l’equa distribuzione delle risorse, il contrasto a sprechi, inquinamento ambientale, malattie di origine alimentare, temi, cioè, sui quali anche la Federazione ha offerto il suo contributo e che continuano ad essere nella sua agenda.
L’anno scorso, invece, abbiamo messo l’accento sulla deriva involutiva che sta caratterizzando la vita delle nostre città, denunciando l’impoverimento dei centri storici, che rischia di snaturarne e dequalificarne le funzioni, con la conseguente perdita dei valori economici, sociali, storico-culturali e turistici di cui sono portatori.
Quest’anno, infine, vogliamo parlare della “Persona al Centro della Buona Economia” – e questo è il terzo e più importante motivo che spiega una scelta – che ha preso spunto da un passaggio di Papa Francesco che in occasione di una Udienza pubblica dichiarò che “Chi licenzia è un Commerciante”, lasciando disturbato chi, nel nostro settore, non aveva contestualizzato e circoscritto la frase.
Il ragionamento del Santo Padre, infatti, rientrava in una riflessione che toccava “la scelta dolorosa del licenziamento” e la dimensione umana e sociale del Lavoro, riprendendo i valori etici dell’Impresa che, con i temi dell’ambiente, caratterizzano l’enciclica pontificia “Laudato Si”, alla quale ha contribuito Sua Eminenza il Card. Peter Turkson – Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, che ha raccolto il nostro invito a dedicarci una Sua Lecture.
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Siamo consapevoli della ineludibilità dei processi in atto nelle economie più avanzate, favoriti dalla rivoluzione digitale e dalla globalizzazione della Società e dei Mercati, che hanno portato anche grandi cambiamenti sociali.
Sono aspetti che toccano l’intelligenza, la coscienza e le responsabilità di tutte le Persone e, quindi, anche di chi, come noi, si è (liberamente) caricato l’onere e l’onore di rappresentare una categoria complessa come quella dei Pubblici Esercizi, che si deve porre la domanda se sia ancora attuale una gestione umanistica e più inclusiva nel modo di fare Impresa e, cioè, se per Lavoro si intende ancora il Lavoratore, nell’accezione ampia del termine, che comprende imprenditori e dipendenti, oppure si deve tradurre ormai tutto in funzione dell’ultima riga del bilancio aziendale, che esprime il risultato economico.
Domanda complessa, anche perché le aziende non sono Onlus o Istituti di Beneficienza, ma Organizzazioni che hanno il lucro come obiettivo dichiarato e che, anche grazie al profitto, riescono a remunerare il capitale investito, a finanziare investimenti, ma anche a distribuire ricchezza ai propri dipendenti e a creare spesso nuovi posti di lavoro.
Le Imprese hanno anche una forte funzione sociale, spesso non correttamente interpretata, quando si sente discettare solo sugli aspetti del profitto e non anche sui benefici o il benessere che generano o sulla capacità di combattere, come fanno le nostre, a fianco delle Istituzioni pubbliche, fenomeni o rischi gravi che interessano il nostro settore e la società, come l’alcolismo, le droghe, le ludopatie, la mala-movida, le malattie alimentari, le tante forme di illegalità sulle quali Confcommercio ha promosso proprio ieri la sua giornata di approfondimento.
Questa funzione sociale è ancora più evidente se si considera il ruolo inclusivo delle nostre attività, luoghi di lavoro, ma anche di ascolto, di aggregazione, di convivialità, di servizio alla gente, che si rafforza nei piccoli centri, dove le trasformazioni urbanistiche e commerciali hanno desertificato le comunità e impoverito il contesto sociale.
Dove non c’è Impresa, non c’è Lavoro, che porta poi all’abbandono dei luoghi e ad una inevitabile deriva sociale, anche nei valori.
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I tempi impongono l’abbandono delle ideologie che hanno portato a contrapposizioni e scontri e deteriorato anche le relazioni sociali.
Con il tempo è anche scaduto il ruolo dell’Uomo, spesso considerato un Numero e non una Persona, sostituito in molte funzioni dalle macchine che l’innovazione tecnologica ha prodotto, ponendo nuovi problemi in termini di occupazione, di nuovi driver del lavoro, di modelli di business delle imprese.
Sono temi che interessano trasversalmente tutti i comparti economici, anche quelli a forte contenuto di servizio come il nostro settore, da sempre caratterizzato, da un lato, da grandi Gruppi di rilevanza anche internazionale e, dall’altro, da una rete di piccole e medie imprese, dove spesso è la famiglia il soggetto promotore dell’azienda.
Nonostante dimensioni e organizzazioni tra loro diverse, esistono fattori comuni nel declinare aspetti operativi, tra i quali la valorizzazione del proprio personale, fattore premiante dell’offerta che vede una forte inclusione di giovani, donne e immigrati.
Tutte, inoltre, soffrono di gravi problemi di sostenibilità economica, a causa della crisi che ha drasticamente ridotto i consumi, delle liberalizzazioni che hanno inasprito la concorrenza nel settore, da tanti altri problemi di varia natura che hanno complicato le gestioni.
Nonostante questo, tengono i livelli occupazionali, non solo per il modello di business fortemente labour-intensive ma anche per il forte rapporto umano che si è instaurato nelle aziende.
Nelle nostre aziende non esiste una diversità di appartenenza: donne e uomini, anziani e giovani, italiani e stranieri, lavorano naturalmente fianco a fianco, con l’obiettivo di completarsi reciprocamente, aiutandosi, coltivando rapporti umani che vanno spesso oltre le gerarchie o i vincoli professionali.
Analogamente, per i nostri operatori i clienti sono innanzitutto Persone con le quali interagiscono in alcuni degli aspetti più intimi del vivere: il cibo e il tempo libero.
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Per questa Federazione le Imprese rappresentate devono essere certamente titolari di interessi economici, ma anche portatrici sane di valori, di obiettivi condivisi in grado di accompagnare la crescita umana degli Imprenditori e dei Lavoratori, creando valore aggiunto, nel senso lato del termine.
Proporre questi ragionamenti a imprenditori che fanno fatica non è sempre facile, anche perché dipende dalla sensibilità, dai caratteri e dagli interessi di ognuno di loro.
Le Associazioni di Categoria, però, hanno il dovere di far fare un salto di qualità anche al concetto di Rappresentanza, che non può più limitarsi alla difesa o alla promozione dei soli interessi di settore.
Così facendo, infatti, si darebbe spazio a chi mette in discussione il ruolo e le prospettive dei Corpi Intermedi, considerati un freno alle riforme di questo Paese.
Le Associazioni devono accompagnare le Imprese rappresentate a fare sempre meglio le loro attività, ma contemporaneamente favorire una crescita culturale dei propri imprenditori e per cultura non si intende solo conoscenza, competenza, sapere.
Cultura significa anche sapersi guardare intorno, ascoltare i bisogni, interpretare i momenti, far diventare valore le diversità, dare contenuti alla cosiddetta “responsabilità sociale”, oggi di grande attualità, spesso però ferma alle buone intenzioni, sapendo anche che i costi di questo investimento arricchiscono la persona e l’azienda e non solo dal punto di vista reputazionale.
I fondamentali della “Economia della Felicità” che stanno lentamente contaminando il tessuto delle Imprese, non sono più solo teorie, valide per i salotti buoni o le aule accademiche, ma argomenti che trovano riscontro in scelte aziendali, come le nuove sensibilità sul welfare privato.
In parziale contrapposizione, cioè, al Capitalismo o al Consumismo, sta emergendo anche il valore immateriale della gratificazione morale di scelte di natura imprenditoriale, misurata e considerata allo stesso modo dei concetti materiali di produttività, utilità, profitto.
In altri termini, le scelte imprenditoriali non hanno solo connotazione economica, ma anche spiegazioni collegate a valori umani, sociali, morali, affettivi che migliorano la Società e arricchiscono chi le compie.
Parlare di felicità in momenti come questi può sembrare fuori luogo, imprenditorialmente parlando; le preoccupazioni e i problemi che appesantiscono la gestione delle Imprese lascerebbero poco spazio alle fantasie o alle interpretazioni e il richiamo alla quotidianità dimostrerebbe, piuttosto, il prevalere di ben altri e contrapposti sentimenti.
Ha però un “valore” la costanza con la quale, ogni giorno, un imprenditore apre la sua azienda, studia il mercato, migliora i suoi prodotti, si confronta con i suoi collaboratori, combatte ogni tipo di problema, atteggiamenti che rispondono a valori immateriali propri della sua sfera personale, dove la gratificazione morale o la responsabilità personale hanno un evidente valore economico.
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Nella società, inoltre, si sta diffondendo anche la teoria economica della cosiddetta “Spinta Gentile”, che ha il suo sostenitore in Richard H. Thaler, Nobel 2017 all’Economia, che sostiene il valore di semplici corretti comportamenti, che si traducono poi in risultati economici.
Per migliorare i comportamenti umani non servono prescrizioni o divieti, ma la “spinta gentile” di piccoli incentivi, sufficienti a cambiare in meglio i comportamenti casuali delle persone, che hanno poi conseguenze importanti sul piano economico e su quello sociale.
Sembrerebbe un’eresia in un Paese che sui temi delle grandi Riforme – Fisco, Lavoro, Costituzione, etc. – ogni volta si divide, ma che invece è teoria studiata e validata, che ci sprona a dare ognuno il contributo al miglioramento della Società.
E’ cioè sempre l’Uomo che fa la differenza, nel bene e nel male.
Nella misura in cui la Persona è adeguata e strutturata dal punto di vista tecnico-professionale, caratteriale e valoriale, anche l’attività economica che svolge, qualunque essa sia, riceverà garanzie e sicurezze.
Solo in questo modo sarà in grado di superare le difficoltà e le turbolenze tipiche di ogni lavoro, ma anche di contrastare ed evitare le tentazioni e le scorciatoie che spesso si presentano, sotto forma di patologie contagiose e pericolose, come la corruzione, la concussione o le connivenze con il malaffare, che producono poi, a loro volta, concorrenza sleale, danni sociali, dequalificazione e un mercato imperfetto.
Per essere migliore l’Uomo ha bisogno di buoni esempi che trascinano e alimentano circoli virtuosi e buoni insegnamenti.
Per quest’ultimo motivo, indipendentemente dagli orientamenti religiosi dei nostri dirigenti, abbiamo voluto dedicare la nostra Assemblea pubblica all’ascolto di Chi si sta impegnando sui temi dello sviluppo integrale dell’Uomo, che riprende quelli della giustizia, della pace, dell’ambiente, della salute e dell’immigrazione.
Noi vogliamo continuare ad essere “commercianti”, di beni e servizi, ma anche di valori e sentimenti e certamente questa Assemblea potrà far germinare al riguardo nuovi buoni propositi.
Grazie.
Lino Enrico Stoppani