Relazione del Presidente all’Assemblea 2016
L’Assemblea di quest’anno affronta un aspetto particolare del differenziato valore sociale dei Pubblici Esercizi, approfondendo il ruolo che essi svolgono per l’identità e l’attrattività dei luoghi, in particolare dei centri storici e dei borghi, coniugandolo a temi connessi, che riguardano la vivibilità, la sicurezza, la sostenibilità e, più in generale, la fragilità del patrimonio culturale, storico ed ambientale dell’Italia, unico al mondo.
Con questo obiettivo, non possiamo inizialmente non rivolgere un commosso pensiero ai borghi devastati dal sisma dello scorso 24 agosto, con le tragiche conseguenze che conosciamo, che ha interessato persone, famiglie, imprese, alcune delle quali oggi qui presenti.
Il Paese in queste occasioni riesce sempre ad esprimere i suoi migliori valori, con la solidarietà, la vicinanza, la generosità e il concreto aiuto alle popolazioni che piangono vittime e che vedono stravolta la loro esistenza.
Anche la Federazione si è attivata con alcune iniziative di aiuto, impegnandosi a realizzare due moduli bar da collocare nelle zone terremotate, in collaborazione con le locali nostre Associazioni, con la convinzione che anche un piccolo gesto, come quello di un caffè al bar, possa contribuire a ricostruire il senso di una comunità.
Rinnovando i sentimenti di cordoglio e di solidarietà alle popolazioni colpite dal sisma mi accingo ad approfondire il valore sociale dei Pubblici Esercizi che non significa, tuttavia, minore considerazione verso gli altri valori del settore, a partire da quelli economici, che rimangono rilevanti, perché importanti sono i dati di fatturato (80 Miliardi di euro), di valore aggiunto (39 Miliardi di euro), di imprese attive (300.000) e di occupati (1 milione).
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Abbiamo voluto, invece, caratterizzare questo valore identitario ed attrattivo, perché le trasformazioni che stanno interessando i centri storici rischiano di snaturarne e dequalificarne le funzioni, con la conseguente perdita dei valori sociali, culturali, storici e turistici, di cui sono da sempre espressione.
Il Ministro On. Dario Franceschini, da tempo, porta avanti correttamente un concetto di Turismo sostenibile, attento cioè alle particolarità, alla conformazione, alla storicità e alla fragilità del nostro Territorio che va tutelato e protetto, anche selezionando il tipo di offerta turistica, più attenta alla qualità che alla quantità dei flussi, perché non può permettersi invasioni, stress o stravolgimenti, vista la delicatezza dei contesti.
Tra questi, la vivacità e la trasversalità dei centri storici, con le botteghe, i commerci, i bar e i ristoranti, le edicole, gli angoli appartati che stanno per scomparire sostituiti da minimarket per la vendita esclusiva o prevalente di alcolici, rivendite di cianfrusaglie spesso orribili, artigianato alimentare con prodotti non tradizionali, caldarrostai fuori stagione, pub improbabili, occupazioni esterne disordinate e scoordinate rispetto al contesto, rivenditori abusivi di merci false, insegne fantasiose o esteticamente impresentabili.
I centri storici delle nostre più belle città e delle località minori ridotti, cioè, ad una informe poltiglia turistico-commerciale di indubbia identità, con uno sconsolante sfruttamento affaristico, che sta cancellando il nostro passato, compromettendo anche la bellezza dei luoghi.
Cercare i responsabili è inutile, perché non risolverebbe il problema, anche se sul tema gli Enti Locali hanno le loro colpe perché sono i soggetti che disciplinano il settore, rilasciano le autorizzazioni, decidono i cambi di destinazione d’uso, emanano regole circa l’arredo e il decoro urbano, controllano il Territorio.
Le colpe però sono anche di altri, partendo dal Legislatore, che non ha saputo combinare le scelte sulle Liberalizzazioni con un ordinato sviluppo delle città, tra l’altro previsto dalla stessa Direttiva Comunitaria sui Servizi, sottovalutando l’impatto socio-ambientale che gli insediamenti commerciali comportano, in quanto profondamente connessi al tessuto urbano.
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Oggi sono in molti ad interrogarsi sulla incapacità del mercato di autoregolamentarsi e sulla conseguente necessità di riappropriarsi di strumenti di governo del Territorio basati su criteri di sostenibilità e sulla rivalutazione delle specializzazioni, contrastando il processo inverso che sta caratterizzando il settore dei servizi commerciali, orientato alla de-specializzazione, nella quale tutti fanno tutto, o meglio, tutti sanno fare poco di tutto!
L’ondata di “lenzuolate e di “liberalizzazioni” delle attività -commerciali e artigiane – ha inciso poco sui diritti dei Consumatori, ma molto, invece, sulla qualità dei nostri centri storici, suggerendo ad alcune Amministrazioni, coraggiose e lungimiranti, di introdurre vincoli per salvaguardare l’identità delle città, articolando limitazioni di orario o regolamentando sia gli insediamenti che le merceologie dei prodotti vendibili o somministrabili.
Si tratta di Ordinanze che non hanno ancora solida base normativa che le metta al riparo dall’azione della Giustizia Amministrativa, ma che costituiscono segnali positivi, raccolti anche da Governo e forze politiche.
Al riguardo, va sostenuto il Disegno di Legge, che vede relatrice la Senatrice Rosa Maria Di Giorgi, con il quale si introduce il concetto di “eccezione culturale” rispetto al principio di “libertà di accesso, di organizzazione e di svolgimento” delle attività economiche, consentendo, cioè, di valutare la congruenza tra le attività commerciali e l’identità del tessuto storico e culturale.
Viene anche previsto un “Piano di Gestione” che imponga vincoli all’insediamento o allo svolgimento di attività che non siano in grado di preservare o valorizzare, non solo il patrimonio monumentale, ma quella fitta rete di valori culturali, intangibili ed immateriali, legati alle tradizioni, agli usi e ai costumi.
Oppure lo schema del Decreto Legislativo in materia di “procedimenti oggetto di Autorizzazione, Scia, Silenzio Assenso e Comunicazione”, cosiddetto “Scia 2”, che introduce la norma che attribuisce ai Comuni la possibilità, sentite la Regione e la Sovrintendenza competenti, di vietare o limitare determinate forme di commercio, nei centri di particolare pregio storico e artistico, per ragioni non altrimenti risolvibili, di sostenibilità ambientale, sociale e di mobilità, collegate in modo particolare al consumo di alcolici.
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Alcune immagini di città come Venezia, Firenze, Roma o Milano, mete del turismo internazionale, sono la testimonianza del degrado e della perdita di identità dei luoghi a causa della indiscriminata apertura di attività commerciali, artigiane e di servizi fuori contesto urbanistico e storico-artistico.
E anche i dati che abbiamo appena presentato danno evidenza della moltiplicazione, all’interno dei centri storici, di attività a basso contenuto di servizio che, oltre ad abbassare la qualità turistico-commerciale, producono effetti di contesto sempre meno sostenibili.
Non si vuole ingessare o impedire lo sviluppo del sistema commerciale del Paese, ma richiedere una sua minima regolamentazione che combini libertà di impresa con i principi della Direttiva Servizi, salvaguardando simboli e valori che hanno per noi anche una fortissima valenza economica, perché sono i brand dei territori.
Non vogliamo e non possiamo chiuderci nei riguardi della presenza di nuovi modelli d’offerta, in particolare delle catene della moderna Ristorazione, che rappresentano un arricchimento dell’offerta e rispettano le regole del gioco, ma per ogni attività è necessario il rispetto del principio della sostenibilità, con locali adeguati che non producano solo esternalità negative.
Stesso discorso per le occupazioni di suolo pubblico per le quali si apprezza l’impegno del Governo e del Ministero dei Beni Culturali in merito alla semplificazione dell’autorizzazione paesaggistica.
E’ tema caro alla Federazione, che dai tempi del Decreto Cultura (2013) sostiene l’importanza che i dehors dei Pubblici Esercizi rivestono per l’offerta turistica, richiedendo la loro valorizzazione.
Si registra con soddisfazione che lo schema di DPR, con il regolamento relativo all’individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura semplificata, all’esame del Parlamento, semplifichi correttamente le procedure eliminando l’obbligo di parere della Sovrintendenza per gli elementi di arredo a basso impatto (tende, pedane, ombrelloni e, aggiungerei, anche sedie e tavolini), mantenendo invece l’obbligo per quelle più invasive e ad alto impatto, come per una veranda.
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E’ dunque necessario e urgente riprendere la funzione di programmazione qualitativa all’insediamento delle attività commerciali nei centri storici perché la situazione è grave, con centri urbani degradati e dequalificati, con problemi di sostenibilità socio-ambientale, come gli effetti della mala-Movida dimostrano, con lo sviluppo di patologie gravi (alcolismo o ludopatie), con professionalità svalorizzate e qualità della vita, sicurezza, igienicità con forti criticità, oltre alle tensioni concorrenziali, anche per l’arrivo di incontrollate attività di Street Food e di Sharing Economy.
Le colpe sono però anche nostre, operatori commerciali del Turismo (esercenti, commercianti, albergatori, tassisti, etc.) e proprietà immobiliare che ruota intorno alla ospitalità, che dobbiamo comprendere che non si può continuare a sfruttare strade, piazze e monumenti solo per il proprio esclusivo tornaconto, perché il Male presenta sempre il conto, in termini di disaffezione e fuga del turista, oltre che di qualità della vita dei cittadini.
Come Federazione, quindi, ci sentiamo co-protagonisti del progetto di rilancio del Paese nel nome della sua Bellezza, condividendo e sostenendo la buona politica, l’imprenditoria e coloro che si stanno caricando di questo gravoso impegno.
C’è bisogno di tante cose, partendo da una diversa sensibilità verso il Patrimonio che abbiamo ereditato, dalla cura dei luoghi, intesa non solo come attenzione, ma anche come prevenzione del degrado e degli abusi di qualsiasi natura.
Il modello economico basato sulla crescita dei consumi sta cambiando, e non solo per la crisi ma anche perché il tempo libero sarà sempre più una ricchezza e l’Italia dovrà essere in grado di offrire ai turisti, sempre più numerosi, colti ed informati, un posto bello non solo da vedere ma anche da vivere.
E’ necessario ricercare inclusione e partecipazione attiva al progetto di rilancio del Paese, replicando anche esperienze positive come l’Art Bonus che ha raccolto, a settembre 2016, 121 milioni di Euro di contributi privati, combinando le difficoltà del bilancio pubblico con gli interessi e i vantaggi fiscali per cittadini e imprese, promuovendo sensibilità verso l’azione di recupero e tutela del Patrimonio storico-artistico.
Inclusione significa che non è più sufficiente prendersi cura solo di un monumento, ma che la cura deve essere estesa a tutto il territorio circostante, considerando la bellezza come una priorità da difendere, proteggere e valorizzare come bene comune.
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Il Piano Strategico del Turismo sta facendo al riguardo confortanti passi in avanti, grazie anche al qualificato costruttivo contributo di tutti gli attori della filiera del Turismo, Fipe compresa, chiamati a confrontarsi e ad individuare priorità, aspettative e strategie da trasformare in azioni coordinate ed efficaci per far emergere le formidabili potenzialità del Paese.
A proposito di Piano Strategico del Turismo, mi sia consentita, rispetto al tema del Convegno, una digressione solo apparente, che riguarda la situazione degli stabilimenti balneari che vivono da troppo tempo una situazione di grave incertezza che rischia di affossare un settore di 30.000 piccole e medie imprese con oltre 100.000 addetti, che costituiscono una eccellenza del nostro Turismo.
Senza approfondire i noti contenuti tecnici della vicenda, sul settore incombe una seria minaccia che costituisce anche una emergenza di tipo economico e sociale, oltre al rischio di distruggere un’eccellenza della nostra offerta turistica.
Riteniamo, poi, che un sistema che metta in relazione durata della Concessione e livello degli investimenti non sia coerente con il principio di sostenibilità su cui deve fondarsi il nostro turismo, come peraltro indicato dal Piano Strategico del Turismo.
L’auspicio è che si proceda velocemente verso la Riforma, i cui strumenti legislativi sembrano ormai definiti – Legge Delega al Governo e Decreti Attuativi – che vada nella direzione di una tutela delle imprese esistenti, facendo uscire il comparto dalla attuale inaccettabile precarietà, rinnovando al SIB, oltre che vicinanza e solidarietà, l’impegno e l’appoggio deciso e convinto della Federazione e della stessa Confcommercio.
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C’è bisogno di recuperare la storia del nostro Paese, superando anche l’eterno presente a cui ci condanna l’abuso della tecnologia che ci impedisce spesso la narrazione del nostro passato, almeno nella misura che merita.
E’ inutile, inoltre, avere cose belle da mostrare se non si è in grado di accogliere i visitatori nel modo corretto o se i prezzi non sono giusti o trasparenti.
Va rafforzata anche la cultura dell’accoglienza, fatta dei veri valori delle nostre professioni, che deve andare insieme alla cura dei beni e del Territorio, oltre che ad una efficace attività di comunicazione, unica, coordinata, mirata e tarata sulle nostre possibilità.
Se al bello aggiungiamo il buono, ecco il ruolo nel Turismo della filiera eno-gastronomica, di cui il modello del Pubblico Esercizio italiano, diffuso e di qualità, è l’elemento caratterizzante.
Infatti, molti piccoli paesi, spesso dimenticati o sconosciuti, sono diventati famosi proprio grazie alla presenza di Ristoranti di qualità che li hanno fatti diventare mete turistiche.
Gli esempi sono così tanti da disegnare una carta gastro-geografica dell’Italia, con paesi e frazioni “stellate” al posto delle città, seguita dal folto gruppo dei gourmet che danno notorietà a questi luoghi, che apprezzano la cosiddetta cucina del territorio che valorizza i prodotti e le ricette locali, favorendo, quindi, un’economia locale attenta alle tradizioni, alla genuinità, alla stagionalità, alla tipicità e sviluppando benefici diffusi.
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Da sempre sosteniamo, non sempre ascoltati, il valore dei Pubblici Esercizi come strumento di valorizzazione del “Food in Italy”, fattore di integrazione sociale, di diffusione di corretti stili di vita che partono da una sana ed equilibrata alimentazione, di valori, cioè, che vanno oltre la rilevante componente economica, di cui ho già dato i numeri essenziali.
Il settore è cresciuto e sta crescendo, anche nella considerazione e nella reputazione.
I meriti sono di tanti soggetti, partendo da Expo che ha saputo concentrare sui temi della Nutrizione le migliori intelligenze del mondo, chiamate a ragionare sugli eccessi, sugli sprechi, sulle diversità, sulla sostenibilità economica, ambientale e sociale delle produzioni, mettendo al centro l’Uomo, con i suoi valori, bisogni e abitudini, riconoscendo all’Italia autorevolezza, credibilità, competenza ed esperienza per essere un riferimento qualificato a livello internazionale.
Anche i nostri operatori hanno fatto la loro parte, trascinati dal movimento dei grandi cuochi, apprezzati, stimati e valorizzati ovunque, che offrono insieme alla rete dei Pubblici Esercizi un riferimento virtuoso di competenze, qualità, applicazione, ricerca e varietà nella valorizzazione della cucina italiana.
Ricordiamo che la cucina è il secondo fattore di scelta dell’Italia come destinazione turistica da parte degli stranieri ed è il primo motivo per il quale poi Vi ritornano!
Anche per questo, da qualche tempo, la Politica ha capito la sua importanza per la valorizzazione del Paese e della sua filiera agro-alimentare, atteggiamento che ha portato il Premier Renzi ad anticipare la volontà di estendere, se fosse stato possibile già nella Legge di Stabilità 2017, i bonus fiscali sugli investimenti migliorativi anche al nostro settore.
Già la sola dichiarata buona intenzione è segno di un grande passo in avanti nella considerazione verso il settore, a volte maltrattato e dimenticato, anche per proprie colpe!
Aver superato la diffidenza e il pregiudizio è già un grande merito del settore, che ha saputo trasmettere i tanti valori economici, sociali, culturali, gastronomici e promozionali che, invece, lo caratterizzano, diventando finalmente degno di un progetto di incentivazione fiscale finalizzato a migliorare l’offerta, anche per rafforzarne le potenzialità di formidabile strumento di marketing del Paese.
“Il mondo ha fame di italiano”, titolava un recente articolo di Marco Gasperetti pubblicato sull’inserto “Il Bello dell’Italia” del Corriere della Sera, non solo per la musicalità della sua lingua, per la sua diffusa bellezza, per la sua millenaria cultura ma anche per la sua storia gastronomica.
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Comprendiamo, anche se non condividiamo, i vincoli di bilancio che hanno impedito l’estensione degli incentivi anche al nostro settore già dal prossimo anno, castigando aspettative ed esigenze inderogabili, perché il settore ha bisogno di urgenti investimenti migliorativi che le difficoltà di accesso al Credito e la bassa redditività delle imprese rallentano, ma un nuovo percorso sembra avviato e affidiamo, con la nostra delusione, le necessità del settore al Ministro Franceschini e ai Parlamentari presenti affinché le anticipazioni del Premier si trasformino in provvedimenti di sostegno al settore che alzerebbero la qualità dell’offerta ed alimenterebbero un effetto moltiplicatore con benefici allargati.
Da parte nostra, dobbiamo meritare questa nuova e lodevole attenzione con serie argomentazioni e comportamenti coerenti nella gestione delle nostre Imprese, tralasciando improvvisazione e investendo sulla qualità, nel senso giusto e ampio del termine.
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Il rapporto tra città e tempo libero non ha una valenza riconducibile solo alla qualità della vita dei residenti ma assume sempre più una connotazione turistica e di stimolo del pensiero creativo, dove persino le notti bianche diventano elemento integrativo dell’offerta turistica, anche per dimostrare che talvolta si vende la veglia anziché il sonno, coniugando buoni locali, buon cibo, corretto divertimento e anche buona musica.
E’ un fronte molto delicato che interessa la popolazione, soprattutto giovanile, che frequenta nella fascia serale/notturna i nostri locali, in particolare le discoteche, dove la responsabilità è un valore essenziale dell’imprenditore.
Il rispetto della Legalità e il contemporaneo incremento dei livelli di sicurezza all’interno e in prossimità dei locali, prevenendo e contrastando ogni illecito, è una priorità anche per la Federazione che trova confortante e di grande significato l’accordo SILB – Ministero degli Interni che si pone lodevolmente proprio questi obiettivi.
Una ragione in più per ridare slancio anche al ruolo della musica che nei Pubblici Esercizi e nelle discoteche ha trovato spesso ispirazione e facile palcoscenico per nuovi artisti, offrendo opportunità per coltivare potenzialità e tendenze artistiche, rafforzando la sua funzione culturale che il Premio Nobel della Letteratura 2016 a Bob Dylan ha solo confermato.
I Pubblici Esercizi, con o senza musica, sono anche espressione della civiltà di un Paese perché favoriscono dialogo, convivialità, socializzazione, conoscenze, idee, che sono il collante della nostra civiltà, consolidato in Comunità che hanno saputo trasferire, nel tempo, i valori dello stare insieme, dell’amicizia, del rispetto degli altri, valori combattuti da chi ha evidentemente un’altra visione del mondo, e i fatti di Parigi, al riguardo, hanno dato segnali inequivocabili anche nella loro drammaticità.
E’ messo in discussione un modo di vivere che dobbiamo cercare di difendere e valorizzare non solo per gli interessi che genera ma anche per i valori sociali, culturali, sociali, antropologici che si sono consolidati, partendo da Comunità che hanno fatto della Bellezza e della convivialità a tavola due riferimenti della qualità della vita.
Ecco perché qualsiasi progetto di valorizzazione del Patrimonio storico, culturale, monumentale o paesaggistico non può prescindere dalla contemporanea tutela del Pubblico Esercizio italiano, in senso lato, parte integrante di un sistema di vita e di valori che deve continuare a mettere al centro l’Uomo.
Grazie.
Lino Enrico Stoppani
20 ottobre 2016