FIPE: CRESCE LA VOGLIA DI MANGIARE FUORI CASA
• Più di 1 italiano su 2 frequenta bar e ristoranti, 12 milioni pranzano abitualmente fuori casa. Oltre l’80% prevede di spendere maggiormente al ristorante nei prossimi sei mesi
• La fotografia dei 39 milioni di italiani che frequentano bar e ristoranti: heavy consumer, 13 milioni di persone che consumano almeno 4-5 pasti fuori casa in una settimana; average consumer, 9 milioni che consumano almeno 2-3 pasti fuori casa in una settimana; low consumer, 17 milioni che consumano almeno 2-3 pasti in un mese
• Con 76 miliardi di euro, su un totale di oltre 500, l’Italia è il terzo mercato europeo della ristorazione dopo Regno Unito e Spagna
• Tra gennaio e settembre 2015 sono state aperte quasi 13.000 imprese, mentre ne sono state chiuse oltre 20.000
Gli italiani tornano al ristorante. Stop alla crisi e previsioni incoraggianti per il fuoricasa: i numeri parlano chiaro e confermano un trend positivo, come risulta dall’ultimo Rapporto Ristorazione a cura della Fipe – Federazione Italiana Pubblici Esercizi presentato oggi all’Unione del Commercio di Milano. Consumi in crescita dello 0,8% nel 2015 e prospettive in miglioramento sul fronte dell’occupazione: il variegato universo di bar, ristoranti, gelaterie e pasticcerie e in genere tutto l’ambito del fuoricasa torna a sorridere.
“Già nel corso dell’anno erano stati evidenziati segnali incoraggianti – dichiara a questo proposito Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe -. Dai dati positivi sul pranzo di Pasqua e Pasquetta fino alle ultime elaborazioni sui risultati della stagione estiva, tutti i numeri portavano a previsioni ottimistiche: l’ennesima conferma del valore di un settore, quello del fuoricasa, scelto da 39 milioni di italiani e che punta sempre di più all’innovazione, alla competenza, alla qualità delle proposte”.
La spesa delle famiglie italiane nei servizi di ristorazione
Si è finalmente interrotta la dinamica di contrazione che era iniziata nel 2008. Per il 2015, infatti, la previsione del Centro Studi Fipe è di un incremento dello 0,8% che porterà la spesa nominale a 76 miliardi di euro. Nel complesso la spesa delle famiglie italiane nel 2014 si è attestata su 74.664 milioni di euro in valore e 69.473 milioni in volume con un incremento reale sul 2013 dello 0,7%. “Il Rapporto fa il punto sulla situazione dei pubblici esercizi in Italia – dice Luciano Sbraga, direttore del Centro Studi della Federazione – durante e dopo il lungo periodo di crisi iniziato nel 2008. L’analisi dei consumi evidenzia che il trend di crescita avviato nel 2014 si consoliderà ulteriormente quest’anno con un incremento reale dello 0,8%.
Otto italiani su dieci frequentano più o meno abitualmente bar e ristoranti a pranzo, a cena o semplicemente per una pausa. Anche tra le imprese si coglie maggiore fiducia verso il futuro: nel terzo trimestre di quest’anno il sentiment è tornato ai livelli del 2007. Tuttavia il saldo tra imprese che hanno avviato l’attività e imprese che l’hanno cessata resta negativo, a conferma che la ripresa non riguarda l’intero settore”.
Le preferenze degli italiani fuori casa
Il Rapporto del Centro Studi Fipe non trascura infine di entrare nel merito dei comportamenti di consumo degli italiani. Il 77% degli italiani maggiorenni consuma, più o meno abitualmente, cibo al di fuori delle mura domestiche sia che si tratti di colazioni, pranzi, cene o più semplicemente di spuntini e aperitivi. Sono 39 milioni di persone così segmentate:
• heavy consumer: 13 milioni di persone che consumano almeno 4-5 pasti fuori casa in una settimana
• average consumer: 9 milioni che consumano almeno 2-3 pasti fuori casa in una settimana
• low consumer: 17 milioni che consumano almeno 2-3 pasti in un mese
Gli heavy consumer sono in prevalenza uomini (51,3%) di età compresa tra i 35 e i 44 anni (24,8%) e residenti al Nord Ovest (29,8%) in centri abitati tra i 5.000 e i 40.000 abitanti (30,5%). Appartengono ad un nucleo famigliare composto da 3 componenti (32,3%). Gli average sono in prevalenza uomini (51,9%), residenti al Centro Italia (28,9%) in centri abitati tra i 5.000 e i 40.000 abitanti (35,9%). In prevalenza appartengono ad un nucleo famigliare composto da 4 componenti (26,1%). I low consumer sono in prevalenza donne (51,6%), di età superiore ai 64 anni, residenti nelle regioni del Nord Italia, in centri abitati tra i 5.000 e i 40.000 abitanti (34,9%). In prevalenza appartengono ad un nucleo famigliare composto da due componenti (35,2%).
La sintesi del Rapporto presenta, inoltre, una dettagliata mappa dei consumi degli italiani fuoricasa dalla colazione al dopocena, con le tipologie di locale maggiormente coinvolte e i prodotti di maggiore preferenza.
I consumi infrasettimanali
• 5 milioni di persone ogni giorno (il 61,5% della popolazione) fa colazione fuori casa con predilezione per caffè, cappuccino e brioche e una spesa media di 2,50 euro.
• 12 milioni di italiani (il 66% della popolazione) pranzano fuori casa, prevalentemente al bar, per 3-4 volte durante la settimana: panino, pizza e primi piatti le proposte di maggiore preferenza.
• 3 milioni di italiani (59,4% della popolazione) cenano al ristorante almeno tre volte alla settimana, scegliendo soprattutto pizzerie, con una spesa di 22,40 euro.
• Oltre 9 milioni (il 47,7% della popolazione) si recano al bar per una pausa almeno 3-4 volte alla settimana, scegliendo soprattutto snack e gelati per una spesa complessiva di 3,20 euro.
I consumi nel fine settimana
• 6,6 milioni di italiani (il 63,6% della popolazione) pranza fuori casa nel week end almeno 3 volte al mese, scegliendo soprattutto la pizza e spendendo indicativamente 18,60 euro.
• 7,3 milioni (il 66,8%) cenano fuori casa nel week end almeno 3 volte al mese prediligendo ristoranti e trattorie, con una media di due portate a pasto e una spesa media di 19,10 euro.
Il mercato della ristorazione: Italia al terzo posto in Europa
In Europa il settore vale 504 miliardi di euro, concentrato principalmente in tre Paesi, e l’Italia si pone in particolare al terzo posto dopo Regno Unito e Spagna. In rapporto alla popolazione e a parità di potere d’acquisto, la spesa pro-capite è in Italia del 22% superiore a quella media europea e del 33% alla spesa della Francia.
La nati-mortalità delle imprese della ristorazione italiana
La ristorazione italiana conta 320.391 imprese suddivise in 149.085 bar e 168.289 ristoranti di varia tipologia. Che quello italiano sia un mercato a forte densità imprenditoriale è fatto noto. I numeri ci dicono che a fronte di una densità che in Francia è di 329 imprese per 100 mila residenti, in Germania di 198 e nel Regno Unito addirittura di 181, l’Italia presenta un indice di 440 imprese per 100 mila residenti. Il tasso di competizione del mercato è elevato e gli effetti sul turnover imprenditoriale sono evidenti, a conferma della sostanziale fragilità del tessuto produttivo del settore, ulteriormente accentuata dalla crisi.
Nei primi nove mesi del 2015 hanno avviato l’attività 12.726 imprese mentre 20.018 l’hanno cessata determinando un saldo negativo di 7.292. Anche nel 2014 il saldo è stato negativo per circa 10mila unità. Tuttavia il clima di fiducia delle imprese della ristorazione migliora: nel terzo trimestre del corrente anno è tornato ai livelli del 2007.
Le dinamiche del valore aggiunto e dell’occupazione
Il valore aggiunto del settore sfiora i 40 miliardi di euro ed è del 19% superiore a quello dell’agricoltura e del 52% superiore al valore aggiunto dell’industria alimentare. L’impatto della crisi sulle performance del settore è avvenuto con un certo ritardo ma ha dispiegato i propri effetti negativi nel biennio 2012-2013 quando ha cumulato una contrazione di oltre il 4%. L’input di lavoro del settore dei pubblici esercizi – misurato in unità di lavoro standard – conta oltre un milione di unità. Rispetto a sei anni fa il settore ha assorbito circa il 5% in meno del fabbisogno delle ore complessivamente lavorate. Un fenomeno che ha interessato sia la componente del lavoro indipendente sia, soprattutto, quella del lavoro dipendente nella quale il numero delle ore lavorate è sceso di circa sei punti percentuali tra il 2008 ed il 2014.
I pubblici esercizi impiegano, in media d’anno, 680.693 lavoratori dipendenti, pari al 71% del totale nazionale del comparto del turismo. Al tema del lavoro è direttamente collegato quello della produttività in considerazione del fatto che siamo in presenza di un settore labour intensive.
La produttività del settore non soltanto è bassa ma anziché crescere si riduce. Attualmente è al di sotto di due punti percentuali rispetto al livello raggiunto nel 2009 pur in presenza del recupero registrato nel corso del 2014. La dinamica della quantità di lavoro utilizzato dal settore negli anni della crisi non ha affatto favorito il miglioramento della produttività con la conseguenza che la remunerazione del lavoro e del capitale si fa sempre più problematica. Sotto questo profilo la ristorazione dovrà imboccare con decisione la strada di un forte recupero di produttività.
L’andamento dei prezzi nel settore
A settembre 2015 i prezzi dei servizi di ristorazione commerciale (bar, ristoranti, pizzerie, ecc.) hanno fatto registrare una variazione dello 0,1% rispetto al mese precedente e dell’1,1% rispetto allo stesso mese di un anno fa. L’inflazione acquisita per l’anno in corso si attesta all’1,1%. Si contano aumenti inferiori all’1% in ristoranti e pizzerie, mentre una stagione estiva particolarmente brillante ha fatto salire i prezzi dei gelati industriali ed artigianali. Nel corso di questi ultimi anni la dinamica dei prezzi dei servizi di ristorazione è stata caratterizzata – in coerenza con il quadro generale – da una significativa moderazione, dimezzandosi, di fatto, dal 2% del 2012 all’1% di oggi.
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Milano, 26 ottobre 2015